LEGGI E REGOLAMENTI

Leggi regionali

Legge regionale 5 dicembre 2005, n. 29

Normativa organica in materia di attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande. Modifica alla legge regionale 16 gennaio 2002, n. 2 <<Disciplina organica del turismo>>.

TESTO STORICO

Avviso legale: Il presente documento è riprodotto, con variazioni nella veste grafica ed eventuali annotazioni, dal corrispondente testo pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione Friuli Venezia Giulia, non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione ufficiale avente valore legale.

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Data di entrata in vigore:
  10/12/2005
Materia:
220.02 - Commercio
230.01 - Organizzazione turistica

Note riguardanti modifiche apportate all’intera legge:
1Derogata la disciplina della legge da art. 32, comma 1, L. R. 12/2002 nel testo modificato da art. 34, comma 1, L. R. 7/2011
TITOLO I
 DISPOSIZIONI COMUNI
CAPO I
 Principi generali, definizioni e ambito di applicazione
Art. 1
 (Principi generali e finalità)
1.La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ai sensi dell'articolo 4, primo comma, n. 6), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli - Venezia Giulia), disciplina il settore delle attività commerciali e della somministrazione di alimenti e bevande in base ai seguenti principi:
a) libertà di impresa, libera circolazione delle merci, libera concorrenza e trasparenza del mercato;
b) tutela dei consumatori nell'ambito del servizio sul territorio, della correttezza dell'informazione, del rapporto tra qualità e prezzo delle merci, della sicurezza e genuinità dei prodotti e del contenimento dei prezzi;
c) sviluppo e modernizzazione della rete distributiva regionale secondo criteri di efficienza, attraverso l'evoluzione dell'offerta secondo le esigenze dei consumatori;
d) pluralismo ed equilibrio tra le tipologie delle strutture distributive e le differenti forme di vendita, e compatibilità in relazione all'impatto territoriale degli insediamenti, con particolare riguardo a fattori quali la mobilità, il traffico e l'inquinamento acustico e ambientale;
e) riconoscimento del ruolo imprenditoriale con particolare riguardo alle microimprese, alle piccole e medie imprese;
f) tutela e promozione del servizio commerciale nelle aree montane, rurali e urbane, con particolare riferimento alle aree a minore dotazione del servizio;
g) valorizzazione del territorio e delle produzioni locali, tradizionali e di qualità e salvaguardia dei locali storici.

2.In attuazione dei principi di cui al comma 1, sono perseguite le seguenti finalità:
a) armonizzazione dell'evoluzione del settore distributivo con gli obiettivi generali della Regione in materia di commercio e di turismo;
b) coordinamento della disciplina del commercio con le norme concernenti le altre attività produttive al fine di favorire lo sviluppo del sistema economico regionale;
c) valorizzazione del commercio con la promozione della capacità di competere con i sistemi distributivi delle regioni e degli Stati contermini;
d) contrasto dei fenomeni di saturazione commerciale e dei processi di depauperamento delle aree territoriali più deboli;
e) protezione del lavoro dipendente con riguardo anche alla sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori;
f) garanzia di una equilibrata presenza di esercizi di vendita al dettaglio nei distinti settori merceologici, con particolare riguardo a quelli alimentari, all'interno dei centri storici;
g) valorizzazione del lavoro in tutte le sue forme, salvaguardia e sviluppo qualificato delle attività imprenditoriali, con particolare riguardo allo sviluppo e all'aggiornamento professionale degli operatori;
h) salvaguardia e sviluppo qualificato dei livelli occupazionali con particolare riguardo al rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro e degli accordi integrativi territoriali;
i) promozione e sviluppo della concertazione come metodo di relazione e di collaborazione tra gli Enti locali, le categorie economiche, le organizzazioni dei lavoratori e le associazioni dei consumatori, anche ai fini delle diverse articolazioni e funzioni del sistema distributivo.

3.La presente legge è la legge regionale organica delle attività commerciali e della somministrazione di alimenti e bevande, e come tale non può essere abrogata, derogata, sospesa o comunque modificata da altre norme di legge regionali, se non in modo esplicito, mediante l'indicazione precisa delle disposizioni da abrogare, derogare, sospendere o modificare.
Art. 2
 (Definizioni)
1.Ai fini della presente legge si intende per:
a) commercio all'ingrosso: l'attività svolta da chiunque professionalmente acquisti merci in nome e per conto proprio e le rivenda ad altri commercianti all'ingrosso o al dettaglio, o a utilizzatori professionali e a grandi consumatori;
b) commercio al dettaglio: l'attività svolta da chiunque professionalmente acquisti merci in nome e per conto proprio e le rivenda al consumatore finale;
c) vendita di generi alimentari: la vendita di prodotti destinati alla nutrizione;
d) vendita di generi non alimentari: la vendita di ogni altro prodotto diverso da quelli di cui alla lettera c);
e) generi non alimentari a basso impatto: i materiali dell'edilizia, dell'agricoltura e della zootecnia, la ferramenta, i legnami, i mobili e gli articoli di arredamento, i veicoli, incluse le imbarcazioni, e i prodotti a questi similari che richiedono ampie superfici di esposizione e di vendita in rapporto al numero di visitatori e acquirenti;
f) generi speciali: i prodotti ricompresi nei settori merceologici alimentari e non, posti in vendita nelle farmacie, nelle rivendite di generi di monopolio e presso i distributori di carburante, secondo le specifiche tabelle di cui all'allegato A;
g) forme speciali di commercio al dettaglio:
1) la vendita da parte di soggetti, pubblici o privati, a favore di dipendenti, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati, nonché la vendita nelle scuole, negli ospedali, nelle strutture militari e nelle comunità, esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi;
2) la vendita per mezzo di apparecchi automatici;
3) la vendita per corrispondenza o tramite altri sistemi di comunicazione;
4) la vendita a domicilio;
h) esercizi di vendita al dettaglio di vicinato: gli esercizi con superficie di vendita fino a metri quadrati 250;
i) esercizi di vendita al dettaglio di media struttura: gli esercizi con superficie di vendita superiore a metri quadrati 250 e fino a metri quadrati 1.500;
j) esercizi di vendita al dettaglio di grande struttura: gli esercizi aventi superficie di vendita superiore a metri quadrati 1.500;
k) centro commerciale al dettaglio: un insieme di più esercizi al dettaglio, realizzati secondo un progetto unitario, con infrastrutture e servizi gestiti unitariamente, la cui superficie complessiva di vendita sia superiore a metri quadrati 1.500 e la cui prevalente destinazione commerciale possa essere integrata da servizi all'utenza diversi da quelli esclusivamente commerciali, incluse le attività di intrattenimento e svago, con esclusione delle attività di vendita all'ingrosso;
l) complesso commerciale: un insieme di più esercizi sia di vicinato, che di media o grande struttura, insediati in uno o più edifici, funzionalmente o fisicamente integrati tra loro, o che facciano parte di un unico Piano attuativo la cui superficie complessiva di vendita sia superiore a metri quadrati 1.500 e la cui prevalente destinazione commerciale possa essere integrata da servizi all'utenza diversi da quelli esclusivamente commerciali, incluse le attività di intrattenimento e svago;
m) outlet: la vendita al dettaglio da parte di produttori titolari del marchio o di imprese commerciali, di prodotti non alimentari identificati da un unico marchio, che siano fuori produzione, di fine serie, in eccedenza di magazzino, prototipi o difettati, effettuata in insediamenti commerciali a ciò appositamente destinati;
n) mercati agroalimentari all'ingrosso: le strutture gestite in modo unitario e destinate alla conservazione, alla commercializzazione all'ingrosso e all'esportazione di prodotti agroalimentari freschi, trasformati o conservati, compresi i prodotti ortofrutticoli e floricoli, piante e sementi, carni e prodotti della pesca;
o) superficie di vendita di un esercizio al dettaglio: l'area alla quale ha accesso il pubblico, compresa quella occupata dai banchi, dalle scaffalature o quella comunque destinata a mostra o esposizione di merce, con esclusione dell'area destinata ai magazzini o ai depositi, ai locali di lavorazione o agli uffici e ai servizi, nonché dell'area interna adibita a deposito dei carrelli;
p) superficie di vendita di un centro commerciale al dettaglio o di un complesso commerciale o di un outlet: quella risultante dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi al dettaglio appartenenti al centro, al complesso commerciale o all'outlet;
q) superficie coperta di un edificio: la sua proiezione ortogonale sul lotto di pertinenza, escluse le pensiline, gli sporti di gronda e gli aggetti a tutela del fabbricato e delle vetrine, a protezione dell'ingresso, e comunque non utilizzate per l'esposizione di merci;
r) superficie coperta complessiva: la superficie coperta destinata ad attività commerciale, inclusi uffici, depositi, locali di lavorazione e servizi; qualora l'attività si svolga in un edificio su più piani, la superficie coperta complessiva corrisponde alla somma delle superfici dei singoli piani destinate agli usi anzidetti;
s) denuncia di inizio attività: la dichiarazione ai sensi dell'articolo 27 della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso), e successive modifiche, con la quale l'operatore attesta in particolare di essere in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla normativa vigente e di aver rispettato le norme igienico-sanitarie, urbanistiche e relative alla destinazione d'uso con riferimento all'attività che si intende esercitare, pena il divieto di prosecuzione dell'attività medesima;
t) attività stagionale: l'attività svolta per uno o più periodi, anche frazionati, nel complesso non inferiori a sessanta giorni e non superiori a duecentoquaranta giorni per ciascun anno solare, come definiti dai Comuni con proprio regolamento;
u) attività temporanea: l'attività svolta per un periodo non superiore a cinquantanove giorni nel corso dell'anno;
v) silenzio assenso: il silenzio dell'Amministrazione competente che equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, qualora entro i termini stabiliti dalla legge non intervenga un provvedimento di diniego da parte della pubblica Amministrazione;
w) gestione di reparto: l'affidamento da parte del titolare di esercizio di vendita al dettaglio, a favore di un soggetto che sia in possesso dei medesimi requisiti soggettivi del titolare, di uno o alcuni reparti da gestire in proprio per il tempo convenuto; la gestione di reparto deve essere comunicata al Comune da parte del titolare dell'esercizio e non costituisce subingresso; alla gestione di reparto si applicano le disposizioni del capo V del titolo II, purché la vendita di liquidazione avvenga unicamente per l'ipotesi di cessazione dell'attività di gestione di reparto; ad essa non si applicano le disposizioni dell'articolo 33, comma 7, lettera a), e comma 13; il titolare rimane soggetto alle sanzioni di cui al capo I del titolo VI.

Art. 3
 (Settori merceologici)
1.Gli esercizi di vendita al dettaglio sono distinti nei seguenti settori merceologici:
a) generi alimentari;
b) generi non alimentari;
c) stampa quotidiana e periodica;
d) generi non alimentari a basso impatto;
e) generi speciali.

2.I Comuni classificati montani per il totale della propria superficie censuaria e i Comuni inseriti in zone a svantaggio socio-economico di cui all'allegato B possono prevedere la facoltà di svolgere congiuntamente in un'unica sede l'attività di vendita per tutti i settori merceologici e altri servizi di particolare interesse per la collettività e quelli di somministrazione e intrattenimento, eventualmente in convenzione con soggetti pubblici o privati, salva l'osservanza delle norme igienico-sanitarie.
3.Con regolamento regionale sono adottati i criteri per l'individuazione dei Comuni classificati montani per il totale della propria superficie censuaria, nonché dei Comuni inseriti in zone a svantaggio socio-economico.
Art. 4
 (Esclusioni)
1.La presente legge non si applica nei confronti delle seguenti categorie:
a) titolari di farmacie e direttori di farmacie delle quali i Comuni assumono l'impianto e l'esercizio, qualora pongano in vendita esclusivamente prodotti farmaceutici, specialità medicinali, dispositivi medici e presidi medico-chirurgici, nonché medici veterinari qualora pongano in vendita in forma diretta, con divieto di pubblicizzazione e di esposizione, prodotti attinenti alla salute e al benessere degli animali in cura;
b) titolari di rivendite di generi di monopolio, qualora vendano esclusivamente generi di monopolio;
c) associazioni dei produttori ortofrutticoli costituite ai sensi della legge 27 luglio 1967, n. 622 (Organizzazione del mercato nel settore dei prodotti ortofrutticoli), e successive modifiche;
d) imprenditori agricoli, singoli o associati, i quali esercitino attività di vendita dei prodotti agricoli ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile e del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57), e successive modifiche;
e) titolari degli esercizi per la vendita di carburanti nonché degli oli minerali di cui all'articolo 1 del regolamento approvato con regio decreto 20 luglio 1934, n. 1303 (Approvazione del regolamento per l'esecuzione del regio decreto-legge 2 novembre 1933, n. 1741, che disciplina l'importazione, la lavorazione, il deposito e la distribuzione degli oli minerali e dei loro residui), e successive modifiche; per vendita di carburanti si intende la vendita dei prodotti per uso di autotrazione, compresi i lubrificanti, effettuata negli impianti di distribuzione automatica di cui all'articolo 2 della legge regionale 6 marzo 2002, n. 8 (Nuove norme per la programmazione, razionalizzazione e liberalizzazione della rete regionale di distribuzione dei carburanti e per l'esercizio delle funzioni amministrative), e all'articolo 1, comma 2, della legge regionale 23 aprile 1990, n. 17 (Criteri per la fissazione degli orari di apertura e chiusura degli impianti stradali di distribuzione dei carburanti ai sensi dell'articolo 54, lettera d), del DPR 24 luglio 1977, n. 616), e successive modifiche;
f) artigiani, iscritti nell'apposito albo, nonché loro consorzi, e industriali, e loro consorzi, per la vendita, nei locali di produzione o in locali a questi adiacenti, dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente dei beni accessori all'esecuzione delle opere o alla prestazione del servizio; per gli industriali e loro consorzi è consentita la vendita di beni di propria produzione, sia prodotti in sito che in sede delocalizzata, di beni soggetti a lavorazione parziale o finitura e di beni, anche di diversa produzione, similari e accessori a quelli di propria produzione;
g) pescatori e cooperative di pescatori, nonché cacciatori, singoli o associati, che vendano al pubblico, al dettaglio, i prodotti ittici e la cacciagione provenienti esclusivamente dall'esercizio della loro attività, e coloro che esercitino la vendita dei prodotti da essi direttamente raccolti su terreni soggetti a usi civici nell'esercizio dei diritti di raccolta;
h) chi vende o espone per la vendita le proprie opere d'arte, nonché quelle dell'ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifica o informativa, realizzate anche mediante supporto informatico;
i) chi cura il fallimento per la vendita dei beni del fallito nell'ambito delle procedure fallimentari;
j) espositori a mostre e fiere campionarie per la vendita dei prodotti esposti ai visitatori e per la durata delle manifestazioni espositive;
k) enti pubblici, fondazioni, organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), associazioni e soggetti promotori di manifestazioni politiche, religiose, culturali, turistiche e sportive per la vendita al pubblico effettuata nelle proprie sedi o nell'ambito delle rispettive funzioni o attività istituzionali;
l) titolari o gestori di esercizi ricettivi per la vendita di merci effettuata agli alloggiati nelle proprie strutture;
m) parrucchieri ed estetisti per la vendita di prodotti connessi alla loro attività;
n) gestori di teatri, cinematografi e promotori di manifestazioni culturali, sportive, politiche, religiose e similari, per le vendite effettuate in occasione di tali rappresentazioni o manifestazioni;
o) gestori di musei pubblici e privati per la vendita di merci effettuata in tali luoghi.

CAPO II
 Esercizio dell'attività
Art. 5
 (Requisiti morali e professionali)
1.Ai fini della tutela del consumatore, l'esercizio, in qualsiasi forma, dell'attività commerciale e di somministrazione di alimenti e bevande, è consentito solo a chi sia in possesso dei requisiti morali e professionali previsti dalla presente legge.
2.L'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande è subordinato all'iscrizione al registro degli esercenti il commercio (REC), di cui all'articolo 1 della legge 11 giugno 1971, n. 426 (Disciplina del commercio), e successive modifiche, e all'articolo 2 della legge 25 agosto 1991, n. 287 (Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi), e successive modifiche. Con riferimento ai requisiti morali per l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande trova applicazione la citata legge 287/1991.
3.L'accertamento dei requisiti è effettuato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), e successive modifiche.
4.La verifica dei requisiti soggettivi relativi alle attività di commercio all'ingrosso è di competenza delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
Art. 6
 (Requisiti morali e condizioni ostative concernenti l'esercizio dell'attività commerciale)
1.Non possono esercitare l'attività commerciale in sede fissa o sulle aree pubbliche:
a) coloro che siano stati dichiarati falliti, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione;
b) coloro che abbiano riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato anche emessa in esecuzione dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per delitto non colposo, per il quale sia prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale;
c) coloro che abbiano riportato una condanna a pena detentiva, con sentenza passata in giudicato anche emessa in esecuzione dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui ai Titoli II e VIII del Libro II del codice penale, ovvero di ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, sequestro di persona a scopo di estorsione, rapina;
d) coloro che abbiano riportato nell'ultimo quinquennio, due o più condanne a pena detentiva o a pena pecuniaria, con sentenza passata in giudicato anche emessa in esecuzione dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti agli articoli 442, 444, 513, 513 bis, 515, 516 e 517 del codice penale, o per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, previsti da leggi speciali;
e) coloro che siano sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), ovvero siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

2.Il divieto di esercizio dell'attività commerciale in caso di condanna permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena sia stata scontata o si sia in altro modo estinta. Il divieto non si applica, ai sensi dell'articolo 166 del codice penale, qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena e sempre che non intervengano circostanze idonee a incidere sulla revoca della sospensione stessa.
Art. 7
 (Requisiti professionali)
1.L'esercizio dell'attività commerciale in sede fissa o sulle aree pubbliche di prodotti non alimentari è subordinato al possesso di uno dei seguenti requisiti:
a) essere in possesso di un attestato di frequenza ai corsi professionali per il commercio istituiti o riconosciuti dalla Regione con le modalità di cui all'articolo 8;
b) avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell'ultimo quinquennio, l'attività di vendita all'ingrosso o al dettaglio, o aver prestato la propria opera, per almeno due anni nell'ultimo quinquennio, presso imprese esercenti l'attività nel medesimo settore, in qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita o all'amministrazione o, qualora trattasi di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell'imprenditore, in qualità di coadiutore familiare comprovata dall'iscrizione all'INPS;
c) essere in possesso di una laurea o di un diploma di scuola media di secondo grado ovvero di titoli equivalenti.

2.L'autorizzazione all'esercizio dell'attività commerciale in sede fissa o sulle aree pubbliche di prodotti alimentari, nonché l'iscrizione al REC ai fini dell'ottenimento dell'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande, sono subordinate al possesso di uno dei seguenti requisiti:
a) avere frequentato i corsi di cui all'articolo 8 e aver superato positivamente l'esame di cui all'articolo 9;
b) avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell'ultimo quinquennio, l'attività di vendita di prodotti alimentari all'ingrosso o al dettaglio, ovvero l'attività di somministrazione di alimenti e bevande, o aver prestato la propria opera, per almeno due anni nell'ultimo quinquennio, presso imprese esercenti l'attività nel medesimo settore, in qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita o all'amministrazione o, qualora trattasi di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell'imprenditore, in qualità di coadiutore familiare comprovata dall'iscrizione all'INPS;
c) essere in possesso di una laurea, ovvero di un diploma di scuola media di secondo grado, ovvero di un diploma di scuola alberghiera, ovvero di diplomi o titoli equivalenti.

3.L'equivalenza viene certificata, su richiesta dell'interessato, dall'istituto che ha rilasciato il titolo di studio.
4.Con regolamento regionale vengono fissate le norme ai fini dell'adeguamento dell'ordinamento delle altre Regioni alla presente legge in materia di corsi professionali.
Art. 8
 (Corsi professionali)
1.I corsi professionali di cui all'articolo 7 vengono organizzati dai Centri di assistenza tecnica (CAT), di cui all'articolo 85, direttamente dalla propria struttura organizzativa senza delega ad altri soggetti.
2.Con regolamento regionale, da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, vengono stabilite le modalità di organizzazione, la durata e le singole materie dei corsi di cui all'articolo 7.
3.I CAT possono inoltre organizzare e gestire corsi facoltativi di aggiornamento.
Art. 9
 (Commissione d'esame)
1.A conclusione del corso previsto all'articolo 8, comma 1, l'idoneità dei candidati è accertata da una commissione provinciale costituita presso la Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nominata dalla giunta camerale per una durata di cinque anni, e composta da:
a) il Segretario generale camerale o un suo sostituto, con funzioni di presidente;
b) un funzionario della Regione o un suo sostituto;
c) un rappresentante del CAT che ha organizzato il corso o un suo sostituto;
d) un esperto in materia igienico-sanitaria degli alimenti o un suo sostituto;
e) un esperto in merceologia o un suo sostituto;
f) un rappresentante delle associazioni di tutela dei consumatori.

Art. 10
 (Titolarità dei requisiti)
1.I requisiti di cui all'articolo 6 devono essere posseduti dal titolare, dal legale rappresentante e da ogni altra persona specificatamente preposta all'attività commerciale. I requisiti di cui all'articolo 7 devono essere posseduti dal titolare, ovvero, in caso di società, dal legale rappresentante o da altra persona specificatamente preposta all'attività commerciale. Il possesso dei requisiti è parimenti richiesto per tutti i preposti all'attività commerciale anche al di fuori della fattispecie di società. Qualora l'attività commerciale non sia esercitata direttamente dal titolare o dal legale rappresentante, il preposto deve essere in ogni caso nominato.
TITOLO II
 COMMERCIO IN SEDE FISSA
CAPO I
 Tipologia degli esercizi di vendita
Art. 11
 (Esercizi di vicinato)
1.L'apertura, il trasferimento di sede, l'ampliamento e la concentrazione degli esercizi di vicinato entro i limiti stabiliti all'articolo 2, comma 1, lettera h), sono soggetti a denuncia di inizio attività al Comune.
2.La denuncia di inizio attività deve contenere tutti i dati di cui all'articolo 2, comma 1, lettera s), con particolare riferimento all'ubicazione dell'esercizio e agli estremi del titolo abilitativo edilizio.
3.Al fine di salvaguardare il mantenimento di una rete distributiva nelle aree comprendenti i Comuni classificati montani per il totale della propria superficie censuaria e i Comuni inseriti in zone a svantaggio socio-economico di cui all'allegato B, gli esercizi di vicinato ubicati nelle aree suddette non possono essere oggetto di trasferimento per concentrazione in grandi strutture di vendita.
Art. 12
 (Medie strutture di vendita)
1.L'apertura, il trasferimento di sede, l'ampliamento e la concentrazione delle medie strutture aventi superficie di vendita non superiore a metri quadrati 400 sono soggetti a denuncia di inizio attività al Comune e non sono assoggettati ai parametri di cui al comma 3, lettera b).
2.L'apertura, il trasferimento di sede, l'ampliamento e la concentrazione delle medie strutture aventi superficie di vendita superiore a metri quadrati 400, sono soggetti ad autorizzazione del Comune per la quale è previsto il silenzio assenso, subordinato al possesso del titolo abilitativo edilizio e all'osservanza delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4.
3.Con regolamento regionale, consultate le organizzazioni di categoria degli imprenditori commerciali, le associazioni di tutela dei consumatori, le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, nonché le associazioni dei Comuni, delle Province e delle Comunità montane, sentita la Commissione consiliare competente e l'Assemblea delle Autonomie locali, previo parere dell'Osservatorio regionale del commercio di cui all'articolo 84, sono emanate disposizioni in materia di urbanistica commerciale e di programmazione per le medie strutture di vendita al fine di:
a) definire un modello territoriale generale della rete commerciale al dettaglio nella regione, finalizzato all'individuazione delle aree metropolitane e urbane omogenee, dei bacini sovracomunali di utenza e delle aree di minore consistenza demografica e socio-economica;
b) determinare i parametri, soggetti a revisione biennale, da utilizzarsi da parte dei Comuni per valutare l'evoluzione del rapporto tra domanda potenziale relativa ai consumi della popolazione residente, turistica e di passaggio e l'offerta di esercizi commerciali al dettaglio.

4.I Comuni, in conformità al regolamento di cui al comma 3, sentite le organizzazioni di categoria degli imprenditori commerciali e le associazioni di tutela dei consumatori, disciplinano il rilascio delle autorizzazioni amministrative per medie strutture di vendita. Tali criteri e modalità devono contenere in particolare i seguenti elementi:
a) urbanistici, in ordine alla delimitazione delle aree edificate, delle aree dei centri storici, e di quelle soggette a interventi di recupero e riqualificazione urbanistica, anche ai fini commerciali, nonché all'individuazione degli edifici soggetti a regime vincolistico;
b) commerciali, in ordine alla valutazione del rapporto tra l'evolversi della domanda potenziale di consumi della popolazione residente, turistica e di passaggio, e l'offerta di esercizi al dettaglio, con riguardo ai diversi settori merceologici, secondo i parametri di cui al comma 3, lettera b);
c) numerici, in ordine al numero delle nuove autorizzazioni amministrative rilasciabili per medie strutture di vendita nei diversi settori merceologici.

5.Il trasferimento di sede delle medie strutture può avvenire soltanto nell'ambito del territorio comunale.
6.Fatto salvo quanto prescritto al comma 1, l'ampliamento della superficie di vendita delle medie strutture, e comunque entro il limite massimo stabilito all'articolo 2, comma 1, lettera i), non può eccedere il 50 per cento della superficie originaria.
Art. 13
 (Grandi strutture di vendita)
1.L'apertura, l'ampliamento, il trasferimento di sede e la concentrazione delle grandi strutture di vendita, costituite da singoli esercizi o centri commerciali al dettaglio o complessi commerciali o outlet, sono soggetti ad autorizzazione del Comune in conformità a quanto previsto dal Piano comunale di settore del commercio.
Art. 14
 (Condizioni per il rilascio dell'autorizzazione commerciale)
1.L'autorizzazione commerciale può essere rilasciata a chi sia in possesso di ido-neo titolo abilitativo edilizio con esclusivo riferimento ai locali indicati per l'esercizio dell'attività. L'esercizio è attivabile subordinatamente all'osservanza delle norme in materia urbanistica ed edilizia, igienico-sanitarie e relative alla prevenzione di incendi e infortuni.
CAPO II
 Urbanistica commerciale
Art. 15
 (Strumenti di pianificazione commerciale)
1.La pianificazione commerciale regionale è attuata mediante il Piano per la grande distribuzione, tenendo conto delle esigenze di equilibrato e armonico sviluppo del sistema distributivo regionale, di salvaguardia e sviluppo sostenibile del territorio, nonché dell'interesse dei consumatori. Il Piano per la grande distribuzione:
a) individua i Comuni nei quali è consentito l'insediamento di strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000;
b) determina le superfici di vendita massime disponibili per tali strutture;
c) stabilisce i limiti minimi delle quote di mercato per il vicinato e i limiti minimi e massimi delle quote di mercato per la media e la grande struttura;
d) definisce le modalità di utilizzo delle superfici incrementali e ne disciplina il monitoraggio;
e) individua le eventuali aree limitrofe ai confini destinate agli insediamenti di grandi strutture di vendita, con capacità di attrazione internazionale che presentano interesse strategico a tutela della rete distributiva regionale.

2.Il Comune che intende collocare sul proprio territorio esercizi di vendita di grande struttura deve preventivamente approvare, ai sensi della normativa urbanistica vigente, un Piano di settore del commercio in conformità alle previsioni contenute nel Piano per la grande distribuzione.
3.Con regolamento regionale contenente disposizioni in materia di urbanistica commerciale e di programmazione per le grandi strutture di vendita, la Giunta regionale, previo parere dell'Osservatorio regionale del commercio di cui all'articolo 84, consultate le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, le associazioni di tutela dei consumatori, le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, nonché le associazioni dei Comuni e delle Province, sentita la Commissione consiliare competente e l'Assemblea delle Autonomie locali:
a) elabora un modello territoriale generale della rete commerciale al dettaglio nella regione, con l'individuazione delle aree metropolitane e urbane omogenee, dei bacini sovracomunali di utenza e delle aree di minore consistenza demografica e socio-economica;
b) definisce i contenuti del Piano comunale di settore del commercio riguardanti in particolare: la delimitazione delle aree edificate, delle aree dei centri storici, di quelle soggette a interventi di recupero e riqualificazione urbanistica e commerciale; l'individuazione degli edifici soggetti a regime vincolistico e delle zone omogenee destinate all'allocazione delle grandi strutture di vendita, nell'osservanza dei criteri di cui al comma 7; la determinazione delle superfici destinabili alle grandi strutture di vendita per singola zona omogenea, nel rispetto dei limiti di disponibilità di superfici di cui al comma 1 per le grandi strutture di vendita con superficie coperta superiore a metri quadrati 15.000 e di cui alla lettera d) per le grandi strutture di vendita con superficie coperta non superiore a metri quadrati 15.000;
c) stabilisce la dotazione di parcheggi a servizio degli insediamenti commerciali anche in deroga alle vigenti procedure per la revisione degli strumenti urbanistici regionali;
d) determina parametri e indici numerici, soggetti a revisione quadriennale, per l'individuazione delle aree e delle condizioni per la disponibilità di superfici destinabili alle grandi strutture di vendita con superficie coperta non superiore a metri quadrati 15.000;
e) individua le condizioni di ammissibilità dei trasferimenti e delle concentrazioni di preesistenti esercizi di vicinato e di medie strutture per l'apertura di grandi strutture di vendita in singoli esercizi, centri commerciali al dettaglio e complessi commerciali nel rispetto delle previsioni del Piano comunale di settore del commercio di cui alla lettera b);
f) individua le condizioni di ammissibilità dei trasferimenti, degli ampliamenti e delle concentrazioni delle grandi strutture di vendita nel rispetto delle previsioni del Piano comunale di settore del commercio di cui alla lettera b);
g) determina il rapporto percentuale tra piccole, medie e grandi strutture di vendita all'interno di centri commerciali al dettaglio e complessi commerciali.

4.Il Piano per la grande distribuzione è approvato e aggiornato dal Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 42 dello Statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia, su conforme deliberazione della Giunta regionale, previo parere della competente Commissione consiliare, dell'Assemblea delle Autonomie locali e dell'Osservatorio regionale del commercio, di cui all'articolo 84.
5.I Comuni possono procedere alla formazione del Piano di settore del commercio anche in forma associata. In tale ipotesi, il Piano di settore del commercio una volta approvato dai singoli Consigli comunali è trasmesso alla Regione la quale, entro novanta giorni dal ricevimento, può esprimere riserve vincolanti nel solo caso in cui verifichi contrasti con le norme vigenti o le previsioni infrastrutturali dello strumento di programmazione urbanistica regionale vigente. Fatta eccezione per i Comuni montani di cui all'allegato B, la base demografica minima da raggiungere fra i Comuni che intendono formare il Piano di settore del commercio in forma associata, è fissata nel limite di 30.000 abitanti.
6.Nella scelta della localizzazione degli esercizi di vendita di grande struttura sono privilegiate le aree con elevato livello di accessibilità agli assi viari primari e secondari esistenti, con forte livello relazionale e di comunicazione con le aree urbane centrali e con rilevante interconnessione con altri servizi e poli di attrazione rivolti all'utenza commerciale.
7.I criteri di indirizzo per la scelta di localizzazione devono essere informati:
a) alla salvaguardia e alla razionalizzazione della funzionalità della rete viaria primaria e secondaria;
b) alla congruenza ambientale dell'intervento previsto con l'osservanza dei valori storico-architettonici, culturali, paesaggistici, naturalistici e insediativi del contesto, nel rispetto delle norme vigenti nei singoli settori.

8.Per le finalità di cui al comma 7, lettera a), non è ammissibile la localizzazione lungo assi viari non ancora interessati da consistenti insediamenti commerciali o produttivi, ovvero ove esistano condizioni di difficile accessibilità, qualora non siano previste espressamente soluzioni tecniche atte a rimuovere i fenomeni di congestione già esistenti, nel rispetto dell'armonia con le caratteristiche del contorno insediativo. Le opere di raccordo con la viabilità relative alle grandi strutture di vendita devono essere completate antecedentemente all'attivazione dell'attività commerciale. Tali opere devono in ogni caso assicurare scorrevolezza negli accessi in entrata e uscita, garantendo piste di decelerazione e arretramenti dell'edificato tali da consentire la realizzazione di corsie laterali di servizio.
9.L'apertura, l'ampliamento, il trasferimento di sede e la concentrazione relativi agli esercizi di vendita di grande struttura con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000 sono subordinati alla preventiva approvazione del Piano di settore del commercio da parte dei Comuni, in conformità alle previsioni del Piano per la grande distribuzione.
10.L'insediamento degli esercizi di vendita di grande struttura deve tendere all'equilibrio tra le aree urbane centrali e il contesto insediativo urbano complessivo, nel mantenimento della pluralità e della interconnessione tra le diverse funzioni del territorio, le destinazioni urbanistiche e le attrezzature infrastrutturali.
Art. 16
 (Localizzazione degli esercizi commerciali)
1.Gli esercizi di vicinato possono essere allocati in ogni zona urbanisticamente compatibile.
2.Gli esercizi di media struttura possono essere allocati:
a) senza vincolo di destinazione di zona omogenea propria a destinazione commerciale, solo nell'ambito delle aree di cui all'articolo 12, comma 4, lettera a);
b) con vincolo di individuazione di zona omogenea propria a destinazione commerciale in tutte le altre aree.

3.Gli esercizi di vendita di grande struttura possono essere insediati nelle zone previste dal Piano comunale di settore del commercio, nel rispetto dei criteri individuati all'articolo 15, commi 6, 7 e 8.
4.La previsione degli esercizi di vendita di grande struttura con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000 è ammessa nei limiti previsti dal Piano regionale per la grande distribuzione
5.Gli esercizi di vendita dei generi non alimentari a basso impatto, considerati la contenuta frequenza di acquisto e il limitato impatto viabilistico, possono essere allocati anche nelle zone urbanistiche omogenee a destinazione industriale o artigianale.
Art. 17
 (Strumenti attuativi previsti per grandi strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000)
1.Le previsioni urbanistiche del Piano comunale di settore del commercio per insediamenti di grandi strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000, sono attuate mediante apposito Piano regolatore particolareggiato di iniziativa privata.
2.Il Piano regolatore particolareggiato, di cui al comma 1, è sottoposto a parere vincolante della Regione, che si esprime in relazione ai criteri di localizzazione di cui all'articolo 15, comma 7, entro il termine di settantacinque giorni.
3.I proprietari di immobili che, in base all'imponibile catastale, rappresentano almeno i due terzi del valore delle aree e degli edifici interessati alle procedure di cui ai commi 1 e 2, possono predisporre e presentare al Comune proposte di Piano regolatore particolareggiato comunale (PRPC), da adottare e approvare con le modalità disciplinate dalle vigenti norme urbanistiche.
Art. 18
 (Modalità di applicazione degli standard urbanistici per le aree da riservare a parcheggio per gli esercizi commerciali)
1.Gli standard urbanistici delle aree da riservare a parcheggio per gli esercizi commerciali sono stabiliti dagli strumenti urbanistici comunali, nel rispetto della normativa vigente, salvo quanto stabilito al comma 2.
2.È ammesso reperire le aree da destinare a parcheggio alle distanze indicate negli strumenti urbanistici o, in assenza di tali disposizioni, dalla vigente normativa urbanistica o di settore. È ammesso rendere disponibili tali aree anche in regime di convenzionamento con i proprietari o gestori di parcheggi pubblici o privati, fermo restando il rispetto del numero minimo di posti auto previsti dagli standard urbanistici.
3.Nelle zone destinate all'insediamento di esercizi di grande distribuzione la consistenza dei parcheggi deve essere progettata complessivamente per tutta la relativa superficie, mediante la previsione e realizzazione di aree verdi attrezzate, alberature, percorsi pedonali e ciclabili che migliorino la qualità dell'insediamento assicurando continuità con le eventuali zone limitrofe commerciali, produttive o di servizio.
4.I titolari di grandi strutture di vendita già insediate devono uniformarsi alle prescrizioni di cui al comma 3, relativamente alle aree destinate a parcheggio, nel caso in cui chiedano ampliamenti della superficie di vendita esistente alla data di entrata in vigore della presente legge. Tale prescrizione non si applica agli ampliamenti della superficie di vendita esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, operati dai titolari di grandi strutture di vendita già insediate, ubicate in aree pedonali o in zone soggette a traffico limitato o in centro storico.
5.Per i nuovi insediamenti di medie strutture di vendita localizzati all'interno dei centri storici, gli standard urbanistici delle aree da riservare a parcheggio possono essere ridotti del 50 per cento dall'Amministrazione comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
6.Per gli esercizi di vendita al dettaglio di generi non alimentari a basso impatto, gli standard di cui al comma 1 possono essere ridotti fino a un massimo del 70 per cento, fermo restando l'obbligo di ripristinarne l'osservanza, ovvero di attuare una corrispondente riduzione della superficie di vendita in caso di mutamento di settore merceologico.
CAPO III
 Altre forme di vendita
Art. 19
 (Insediamenti outlet di grande distribuzione)
1.I produttori o le imprese commerciali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera m), effettuano le vendite in outlet in appositi insediamenti di grande distribuzione costituiti da più esercizi di vicinato, di media o di grande struttura, realizzati secondo un progetto unitario.
2.Entro il 31 dicembre 2009, in armonia con quanto previsto dal Piano per la grande distribuzione, nel rispetto dei limiti complessivi regionali delle relative quote di mercato e a integrazione delle superfici incrementali idonee all'insediamento di strutture commerciali con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000, in deroga ai Piani di settore del commercio, può essere autorizzata l'apertura di outlet fino a un totale massimo sul territorio regionale di metri quadrati 30.000 di superficie coperta complessiva, relativamente alla vendita di generi non alimentari a basso impatto.
3.Le autorizzazioni di cui al comma 2 non possono essere convertite in attività di grande distribuzione o di outlet che trattino generi diversi da quelli non alimentari a basso impatto.
4.Gli outlet di cui al comma 2 sono insediati in aree a specifica destinazione commerciale all'interno di zone di interesse strategico a tutela della rete distributiva regionale, ovvero in aree localizzate in prossimità di caselli autostradali, individuate dal Piano per la grande distribuzione.
5.Le autorizzazioni di cui al comma 2 vengono rilasciate dalla Giunta regionale, previo parere dell'Osservatorio regionale del commercio di cui all'articolo 84 e sentita la Commissione consiliare competente, in esito a procedure selettive espletate secondo i criteri previsti da apposito bando deliberati dalla Giunta stessa.
6.I criteri di cui al comma 5 privilegiano le produzioni industriali e artigianali del Friuli Venezia Giulia di alta qualità.
Art. 20
 (Disciplina dei mercati agroalimentari all'ingrosso)
1.I mercati agroalimentari all'ingrosso sono gestiti come servizi di interesse pubblico in modo da assicurare la libera formazione del prezzo delle merci, nell'osservanza delle norme vigenti in materia di commercializzazione e in materia igienico-sanitaria.
2.I mercati agroalimentari all'ingrosso possono essere istituiti o gestiti dai Comuni o da altri enti pubblici territoriali, nonché da società per azioni o da società consortili per azioni.
3.I mercati agroalimentari all'ingrosso sono caratterizzati da:
a) posizione baricentrica rispetto alle vie di comunicazione e ai centri di servizi;
b) adiacenza ad aree idonee all'insediamento di attività connesse integrative e funzionali all'attività dei mercati stessi;
c) dotazione di aree riservate alle produzioni agroalimentari locali.

4.La realizzazione dei mercati agroalimentari all'ingrosso è subordinata al rispetto delle norme di generale applicazione con riferimento agli insediamenti e all'edificazione di immobili destinati ad attività commerciali.
5.Con regolamento regionale sono disciplinate le modalità di costituzione e l'attività dei mercati agroalimentari all'ingrosso, con particolare riguardo a:
a) requisiti strutturali e organizzativi minimi;
b) modalità per l'adeguamento ai requisiti di cui alla lettera a) da parte delle strutture già operative;
c) criteri per l'assegnazione degli spazi di vendita;
d) modalità di adozione del regolamento del mercato e materie oggetto del regolamento medesimo;
e) categorie di venditori e acquirenti ammessi alle negoziazioni;
f) modalità di vendita all'asta e disciplina delle borse merci.

Art. 21
 (Spacci interni)
1.Le amministrazioni pubbliche, le imprese e i circoli privati, le cooperative di consumo e i loro consorzi, le associazioni di volontariato, le ONLUS, le associazioni e le cooperative senza fini di lucro, possono esercitare la vendita al dettaglio a favore rispettivamente dei propri dipendenti, dei propri soci e dei familiari, in locali non aperti al pubblico, di superficie non superiore a metri quadrati 250 e privi di accesso diretto dalla pubblica via.
2.L'attivazione dell'esercizio è soggetta a denuncia di inizio attività, nella quale devono essere dichiarati la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 5 in capo alla persona preposta alla gestione dello spaccio, il rispetto delle norme igienico-sanitarie relativamente ai locali, il settore merceologico, l'ubicazione e la superficie di vendita.
3.Ai soggetti ammessi all'acquisto nei locali di cui al comma 1 deve essere rilasciata apposita tessera e i loro nominativi devono essere annotati in un apposito registro.
4.Il requisito del mancato accesso diretto dalla pubblica via è richiesto solo per i locali operanti successivamente al 31 dicembre 1998.
Art. 22
 (Distribuzione automatica)
1.La vendita al dettaglio a mezzo di apparecchi automatici, nel caso in cui non sia effettuata direttamente dall'esercente all'interno dell'esercizio di vendita o nelle sue immediate adiacenze, è soggetta alla denuncia di inizio attività.
2.Nella denuncia di inizio attività devono essere dichiarati la sussistenza, per il richiedente, dei requisiti di cui all'articolo 5, il settore merceologico e l'ubicazione, nonché, qualora l'apparecchio automatico venga installato su area pubblica, l'osservanza delle norme sull'occupazione del suolo pubblico.
3.La vendita al dettaglio mediante apparecchi automatici in apposito locale a essa adibito in modo esclusivo è considerata come apertura di un esercizio di vendita al dettaglio ed è soggetta alle norme di cui agli articoli 11, 12 e 13.
4.La vendita di alimenti e bevande a mezzo apparecchi automatici deve essere esercitata in conformità alla vigente normativa igienico-sanitaria.
5.La vendita al dettaglio a mezzo di apparecchi automatici esercitata dalle farmacie deve riguardare esclusivamente i generi speciali compresi nella specifica tabella di cui all'allegato A, con esclusione dei medicinali, e deve essere effettuata esclusivamente all'interno della farmacia o nelle sue immediate adiacenze.
Art. 23
 (Vendita per corrispondenza o altri sistemi di comunicazione)
1.La vendita al dettaglio per corrispondenza, inclusa la vendita per corrispondenza su catalogo, o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione è soggetta alla denuncia di inizio attività al Comune nel quale il titolare ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale.
2.Alle vendite di cui al comma 1 si applica l'articolo 18 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), e successive modifiche.
Art. 24
 (Vendita diretta al domicilio dei consumatori o mediante contratti negoziati fuori dai locali commerciali)
1.La vendita al dettaglio o la raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio dei consumatori è soggetta a denuncia di inizio attività al Comune nel quale il titolare ha la residenza o la sede legale.
2.Alle vendite di cui al comma 1 si applica l'articolo 19 del decreto legislativo 114/1998, e successive modifiche.
Art. 25
 (Esercizi che effettuano la vendita a soggetti diversi dal consumatore finale)
1.Gli esercizi commerciali all'ingrosso, inclusi i <<cash and carry>> e le tipologie similari, svolgono la loro attività di vendita esclusivamente nei confronti di commercianti, di comunità, di utilizzatori professionali e di grandi consumatori.
2.La limitazione di cui al comma 1 deve essere esposta in forma visibile all'ingresso degli esercizi ed esplicitata in tutte le informazioni promozionali e pubblicitarie.
Art. 26
 (Disposizioni concernenti il commercio equo e solidale)
1.Per commercio equo e solidale si intende la vendita al dettaglio dei beni di cui all'articolo 2, comma 1, lettere c) e d), provenienti esclusivamente dai Paesi in via di sviluppo, secondo i criteri contenuti nella risoluzione del Parlamento europeo del 19 gennaio 1994 (Risoluzione sulla promozione del commercio equo e solidale fra Nord e Sud), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. C 044 del 14 febbraio 1994.
2.Le attività del commercio equo e solidale possono essere svolte esclusivamente da associazioni di volontariato, ONLUS, associazioni e cooperative senza fine di lucro e altri enti non commerciali, con l'osservanza delle disposizioni concernenti gli esercizi di vicinato e di quelle relative al possesso dei requisiti soggettivi di cui agli articoli 5, 6, 7 e 10. Le attività del commercio equo e solidale non possono essere svolte da imprese individuali e società.
3.Ai soggetti individuati al comma 2 è consentita la vendita dei beni commercializzati anche non in sede fissa in occasione di manifestazioni, fiere e altre iniziative promozionali, in deroga alle disposizioni sul commercio sulle aree pubbliche, fermo restando che tali soggetti sottostanno alla medesima disciplina prevista per gli altri operatori nelle fiere, qualora compatibile. Nella determinazione delle aree destinate alle fiere di cui all'articolo 50, i Comuni riservano una parte delle aree medesime per i soggetti di cui al comma 2, che siano in possesso del decreto di cui al comma 4, in deroga ai criteri di priorità per l'assegnazione delle aree predette di cui all'articolo 50, commi 4 e 5.
4.Agli esercizi ove si effettui la vendita al dettaglio di beni che, almeno per l'80 per cento del volume d'affari, facciano parte del circuito del commercio equo e solidale, è conferita la denominazione di <<Bottega del Mondo>> con decreto del Direttore centrale attività produttive, previa verifica dei requisiti previsti.
5.La domanda di conferimento della denominazione di <<Bottega del Mondo>> va presentata alla Direzione centrale attività produttive, completa di tutti i dati identificativi del soggetto di cui al comma 2, incluso il possesso dei requisiti morali e professionali, nonché di tutti i dati identificativi dell'esercizio per il quale si intende ottenere la denominazione. Alla domanda vanno allegati, in particolare, copia dell'atto costitutivo e dello statuto, nonché dichiarazione sostitutiva di atto notorio, dove si attesta di essere a conoscenza delle prescrizioni regionali vigenti in materia di commercio equo e solidale. La domanda si considera accolta per silenzio assenso, se il provvedimento negativo non viene comunicato entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla data di presentazione della domanda stessa. In caso di accertamento definitivo della non conformità degli atti presentati alle disposizioni contenute nel presente articolo, la Direzione centrale attività produttive provvede con atto motivato di diniego, da comunicarsi al soggetto che ha inoltrato la domanda.
Art. 27
 (Commercio elettronico e certificazione di qualità)
1.Per commercio elettronico si intendono le operazioni commerciali disciplinate dal decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 (Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico).
2.La Regione promuove la certificazione di qualità, nonché lo sviluppo del commercio elettronico, organizzato da piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizi anche in associazione tra loro.
3.Ai fini della protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza si applica il decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185 (Attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza), e successive modifiche.
CAPO IV
 Orari
Art. 28
 (Orari degli esercizi)
1.Gli orari di apertura e di chiusura degli esercizi di vendita al dettaglio e degli altri punti fissi della rete distributiva, di cui all'articolo 21, comma 1, inclusi quelli gestiti da artigiani o da industrie agroalimentari per la vendita al pubblico dei prodotti alimentari di propria produzione, escluse le amministrazioni pubbliche, sono fissati dagli operatori responsabili delle relative imprese, nell'osservanza dei limiti stabiliti ai commi 2, 3 e 4.
2.Gli esercizi di cui al comma 1 possono restare aperti dalle ore cinque alle ore ventitre per un massimo di tredici ore giornaliere.
3.Per motivate esigenze di pubblico interesse relative all'ordine pubblico, alla viabilità, all'igiene ambientale, al decoro urbano e alla tutela della concorrenza, sentite le associazioni dei consumatori e le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori dipendenti, i Comuni, con regolamento, possono modificare la fascia oraria di apertura prevista al comma 2, nonché autorizzare gli esercizi di vicinato nei centri storici all'apertura per ventiquattro ore consecutive, anche con riferimento a specifiche tipologie di esercizi.
4.I responsabili degli esercizi e degli altri punti fissi della rete distributiva indicati nel comma 1 devono comunicare gli orari giornalieri di effettiva apertura mediante cartelli o altri adeguati supporti informativi ben visibili al pubblico, collocati all'interno e all'esterno dei propri locali.
Art. 29
 (Giornate di chiusura degli esercizi)
1.Ogni operatore commerciale può effettuare fino a due giornate di chiusura per riposo, nel corso della settimana.
2.Gli esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa osservano comunque la chiusura nelle seguenti festività: 1 gennaio, Pasqua, lunedì dell'Angelo, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, 25 e 26 dicembre.
3.All'interno di ciascun ambito di cui all'allegato C un'apposita Conferenza dei Comuni delibera entro il 30 novembre di ogni anno il programma delle eventuali chiusure obbligatorie degli esercizi di vendita al dettaglio di generi non alimentari nelle domeniche e negli altri giorni festivi, secondo criteri uniformi, che comunque consentano la concomitante apertura in tutti i Comuni interessati per almeno otto domeniche all'anno oltre a quelle nel mese di dicembre.
4.La Conferenza dei Comuni di cui all'allegato C è convocata dalla Regione ed è estesa senza diritto di voto al Comune capoluogo di provincia. Al fine di acquisire i relativi pareri e gli eventuali accordi intervenuti tra le parti, la Conferenza deve preventivamente attivare un tavolo di concertazione con le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, artigiani, turistici e dei servizi, le associazioni di tutela dei consumatori e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative.
5.La Conferenza è validamente costituita con l'intervento di almeno un quarto dei Comuni aventi diritto, purché la popolazione complessiva dei Comuni intervenuti corrisponda ad almeno un terzo di quella complessiva dei Comuni convocati.
6.Le deliberazioni della Conferenza sono approvate con il voto favorevole della metà più uno dei Comuni votanti, purché la popolazione complessiva dei Comuni che hanno espresso voto favorevole corrisponda ad almeno la metà della popolazione complessiva dei Comuni intervenuti.
7.Ai fini della validità delle deliberazioni di cui al comma 6, la popolazione di ciascun Comune viene calcolata secondo i dati dell'ultimo censimento.
8.Le deliberazioni di cui al comma 6 sono vincolanti per tutti i Comuni dell'ambito, a esclusione di quelli classificati come località turistiche e non possono essere revocate o modificate prima che sia trascorso almeno un anno dalla loro adozione.
9.Fermo restando quanto prescritto al comma 3, per motivate esigenze di pubblico interesse relative allo sviluppo economico e turistico del territorio e alla residenzialità dei centri storici, i Sindaci, sentite le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, artigiani, turistici e dei servizi, le associazioni di tutela dei consumatori e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative, possono, in particolari occasioni che comportino afflussi straordinari di popolazione residenziale e non, disporre l'apertura obbligatoria delle attività di vendita e di somministrazione di alimenti e bevande in determinati giorni, anche festivi e secondo orari prestabiliti.
10.Per comprovate esigenze di pubblico interesse ovvero qualora ne ricorra l'esigenza, i Comuni hanno facoltà di derogare alla chiusura obbligatoria di cui al comma 2.
11.Con regolamento regionale sono individuate le ulteriori modalità di convocazione e funzionamento della Conferenza.
Art. 30
 (Deroghe per le località turistiche)
1.Nei Comuni classificati come località turistiche gli esercenti determinano liberamente l'orario di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali sia nei giorni feriali sia in quelli domenicali e festivi, in deroga a quanto disposto agli articoli 28 e 29.
2.Per le finalità di cui all'articolo 1, comma 2, i Sindaci dei Comuni classificati come località turistiche, in deroga a quanto prescritto dall'articolo 29, comma 8, possono stabilire, con provvedimento motivato, che le deliberazioni della Conferenza dei Comuni non turistici della provincia di appartenenza o, nel caso di territorio classificato interamente turistico, di quella confinante si applicano in tutto o in parte delimitata del territorio comunale.
3.Le località turistiche sono individuate nell'allegato D.
4.Con regolamento regionale sono adottati i criteri per l'individuazione dei Comuni quali località turistiche.
Note:
3Vedi anche quanto disposto dall'art. 40, comma 4, L. R. 12/2002 nel testo modificato da art. 43, comma 1, L. R. 7/2011
Art. 31
 (Esclusioni)
1.La disciplina di cui al presente capo non si applica alle seguenti categorie di esercizi:
a) le farmacie;
b) le rivendite di generi di monopolio;
c) gli esercizi interni alle strutture ricettive;
d) gli esercizi commerciali situati nelle aree di servizio lungo le autostrade e nelle stazioni ferroviarie, marittime e aeroportuali;
e) i punti vendita della stampa quotidiana e periodica;
f) gli esercizi commerciali che vendono prevalentemente mobili e articoli di arredamento;
g) gli esercizi commerciali che vendono prevalentemente libri;
h) gli impianti di distribuzione carburante;
i) le imprese artigiane o industriali non rientranti nell'articolo 28, comma 1, quando esercitano l'attività di vendita dei propri prodotti nei locali di produzione o in locali a questi adiacenti;
j) gli esercizi commerciali che vendono autoveicoli in occasione di campagne dimostrative promosse direttamente dalle case produttrici;
k) le rivendite di fiori.

2.Si considerano prevalenti le attività esercitate su oltre metà della superficie di vendita o riguardanti oltre la metà del volume d'affari. La prevalenza viene accertata dal Comune.
CAPO V
 Pubblicità dei prezzi e vendite straordinarie
Art. 32
 (Pubblicità dei prezzi)
1.I prodotti esposti per la vendita al dettaglio, ovunque collocati, devono indicare in modo ben leggibile il prezzo di vendita al pubblico, mediante la collocazione di un cartello o di altre modalità idonee allo scopo. Il prezzo dei gioielli, degli oggetti d'arte e di antiquariato e degli altri prodotti di notevole valore economico può essere esposto solo all'interno dell'esercizio.
2.Qualora prodotti identici dello stesso valore siano esposti insieme, è sufficiente l'uso di un unico cartello; negli esercizi commerciali, organizzati con il sistema di vendita del libero servizio, l'obbligo dell'indicazione del prezzo deve essere osservato in ogni caso per tutte le merci comunque offerte al pubblico.
3.I prodotti dei quali il prezzo di vendita al dettaglio si trovi già impresso con caratteri ben leggibili sulla confezione, sono esclusi dall'applicazione del comma 2.
4.Restano salve le disposizioni vigenti circa l'obbligo dell'indicazione del prezzo di vendita al dettaglio per unità di misura.
5.Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 trovano applicazione anche con riferimento ai prodotti appartenenti ai generi speciali.
Art. 33
 (Disciplina delle vendite di liquidazione)
1.Le vendite di liquidazione sono effettuate al fine di vendere in breve tempo le merci, presentando al consumatore l'acquisto come occasione particolarmente favorevole, a seguito di cessazione dell'attività commerciale, cessione dell'azienda, trasferimento di sede dell'azienda, trasformazione o rinnovo dei locali, trasformazione o rinnovo delle attrezzature.
2.L'effettuazione della vendita di liquidazione va comunicata al Comune ove ha sede l'esercizio, non meno di quindici giorni prima della data di inizio della vendita medesima, mediante lettera protocollata presso il Comune o inviata tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. La comunicazione deve in particolare indicare l'ubicazione dei locali in cui viene effettuata la vendita, la data di inizio e la sua durata. Non meno di cinque giorni prima della data di inizio della vendita di liquidazione, deve pervenire al Comune, pena l'impossibilità di effettuare la vendita medesima, analitico elenco delle merci poste in vendita, distinte per articoli, con l'indicazione del prezzo praticato ordinariamente e dello sconto o ribasso espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita, che si intende praticare nel corso della liquidazione.
3.La cessione dell'azienda ricomprende tutte le fattispecie di trasferimento dell'azienda in proprietà o in gestione per atto tra vivi. Qualora la vendita di liquidazione sia stata comunicata per la cessazione dell'attività, è consentito, entro il termine di conclusione della vendita medesima, modificare il presupposto della cessazione in cessione; in tale ipotesi trova applicazione il comma 7, lettera b).
4.La trasformazione o il rinnovo dei locali deve comportare l'esecuzione di rilevanti lavori di ristrutturazione o di manutenzione, che riguardino non meno del 60 per cento della loro superficie e comportino interventi strutturali, installazione o sostituzione di impianti tecnologici o servizi e che siano tali da determinare la chiusura dell'esercizio per non meno di venti giorni consecutivi.
5.La trasformazione o il rinnovo delle attrezzature deve comportare l'esecuzione di rilevanti lavori di sostituzione di almeno il 60 per cento degli arredi e delle finiture e tali da determinare la chiusura dell'esercizio per non meno di venti giorni consecutivi.
6.Non è consentita l'effettuazione delle vendite di liquidazione nell'ipotesi di cessione dell'azienda, nei casi in cui la cessione avvenga tra aziende controllate o collegate, quali definite all'articolo 2359 del codice civile.
7.Alla comunicazione di cui al comma 2 devono essere allegati i seguenti atti, con riferimento alla relativa casistica:
a) cessazione dell'attività: dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di essere a conoscenza di quanto prescritto dal comma 13; qualora la vendita di liquidazione sia stata comunicata per la cessazione dell'attività, è anche consentito, entro il termine della conclusione della vendita medesima, procedere alla cessione dell'azienda: in tale ipotesi trovano applicazione le prescrizioni di cui alla lettera b);
b) cessione dell'azienda: dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di non rientrare nelle condizioni ostative di cui al comma 6 e di essere a conoscenza dei seguenti obblighi:
1) la cessione deve avvenire entro quindici giorni dalla data di conclusione della vendita di liquidazione;
2) una copia semplice dell'atto di cessione dell'azienda deve essere prodotta al Comune entro quindici giorni dall'avvenuta cessione;
c) trasferimento di sede dell'azienda: dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di essere a conoscenza dei seguenti obblighi:
1) il trasferimento di sede deve avvenire, ai sensi del comma 14, entro il termine di tre mesi;
2) la comunicazione di avvenuto trasferimento deve essere prodotta al Comune entro quindici giorni dal trasferimento medesimo;
d) trasformazione o rinnovo dei locali: dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di essere in regola con la normativa edilizia vigente, in relazione ai lavori da eseguirsi e che tali lavori, da illustrarsi in maniera specifica, riguardano interventi per non meno del 60 per cento della superficie dei locali e che comportano la chiusura dell'esercizio per non meno di venti giorni consecutivi; entro quindici giorni dall'effettuazione dei lavori, comunque da concludersi entro il termine di cui al comma 14, deve essere prodotta al Comune dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta l'avvenuto intervento e il possesso della relativa documentazione probante, anche di spesa;
e) trasformazione o rinnovo dell'attrezzatura: dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta di disporre di un preventivo di spesa e che tali rinnovi, da illustrarsi in maniera specifica, riguardano interventi per non meno del 60 per cento delle attrezzature e delle finiture e che comporta una chiusura per non meno di venti giorni consecutivi; entro quindici giorni dall'effettuazione del rinnovo, comunque da concludersi entro il termine di cui al comma 14, deve essere prodotta al Comune dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui si attesta l'avvenuto intervento e il possesso della relativa documentazione probante, anche di spesa.

8.Le vendite di liquidazione di cui al comma 7, lettere d) ed e), possono essere effettuate durante tutto l'anno per un periodo di durata non superiore alle tredici settimane.
9.A decorrere dalla data di invio della comunicazione di cui al comma 2, è vietato introdurre nei locali o pertinenze dell'esercizio ulteriori merci, sia in conto acquisto sia in conto deposito, del genere di quelle per le quali viene effettuata la vendita di liquidazione e tale divieto permane fino alla realizzazione completa della fattispecie posta a base della possibilità di effettuare la vendita di liquidazione entro il termine di cui al comma 14.
10.In tutte le comunicazioni pubblicitarie che si riferiscono alla vendita di liquidazione è fatto obbligo di indicare gli estremi della comunicazione di cui al comma 2.
11.È vietata la vendita di liquidazione con la modalità del pubblico incanto.
12.È obbligatoria l'esposizione del prezzo praticato ordinariamente e lo sconto o ribasso espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che si intende praticare nel corso della vendita di liquidazione e il prezzo finale.
13.Nel caso di liquidazione per cessazione dell'attività commerciale, al termine della vendita il Comune revoca d'ufficio l'autorizzazione ovvero dispone la chiusura dell'esercizio, nei casi in cui questo sia attivabile su denuncia di inizio attività, con divieto al cessante di aprire una nuova attività nei medesimi locali per lo stesso settore merceologico cessato per i successivi dodici mesi.
14.Fatte salve diverse disposizioni, gli eventi posti a base delle possibilità di effettuare le vendite di liquidazione devono realizzarsi entro tre mesi dalla fine delle vendite stesse.
Art. 34
 (Disciplina delle vendite di fine stagione)
1.Le vendite di fine stagione, denominate anche <<saldi>>, riguardano i prodotti di moda di carattere stagionale, che non vengono venduti entro un certo periodo di tempo.
2.Le vendite di cui al comma 1 possono essere effettuate in due periodi dell'anno determinati dalla Regione, tenuto conto delle consuetudini locali e delle esigenze del consumatore, sentite le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali e le associazioni di tutela dei consumatori.
3.La presentazione al pubblico della vendita di fine stagione deve esplicitamente contenere l'indicazione della natura di detta vendita.
4.È obbligatorio esporre il prezzo praticato ordinariamente e lo sconto o ribasso espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che si intende praticare nel corso della vendita di fine stagione e il prezzo finale.
Art. 35
 (Disciplina delle vendite promozionali)
1.Le vendite promozionali, caratterizzate da sconti o ribassi diretti a presentare al consumatore l'opportunità dell'acquisto, sono effettuate per tutti o una parte dei prodotti merceologici e per periodi di tempo limitato, per un massimo di sei settimane all'anno, ripartite in almeno due periodi a facoltà dell'esercente.
2.Le vendite promozionali non possono essere effettuate nei quaranta giorni precedenti l'inizio dei saldi.
3.L'effettuazione delle vendite promozionali va comunicata al Comune mediante lettera protocollata o spedita tramite raccomandata con ricevuta di ritorno con almeno cinque giorni di anticipo e indicante la loro data di inizio e la loro durata.
4.È obbligatoria l'esposizione del prezzo praticato ordinariamente e dello sconto o ribasso espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita e il prezzo finale praticato nel corso della vendita promozionale.
Art. 36
 (Vendite sottocosto)
1.Per vendita sottocosto si intende la vendita al pubblico di uno o più prodotti effettuata a un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto, maggiorato dell'imposta sul valore aggiunto e di ogni altra imposta o tassa connessa alla natura del prodotto e diminuito degli eventuali sconti o contribuzioni riconducibili al prodotto medesimo purché documentati.
2.Viene promossa la sottoscrizione e l'attuazione di codici di autoregolamentazione delle vendite di cui al comma 1 tra le organizzazioni rappresentative delle imprese produttrici e distributrici.
3.Alle vendite sottocosto si applicano le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2001, n. 218 (Regolamento recante disciplina delle vendite sottocosto, a norma dell'articolo 15, comma 8, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114), e successive modifiche.
Art. 37
 (Disposizioni comuni alle vendite straordinarie)
1.La pubblicità relativa alle vendite, disciplinate agli articoli 33, 34, 35 e 36, deve essere presentata graficamente in modo non ingannevole per il consumatore e contenere un'informazione veritiera per quanto attiene sia la composizione merceologica, sia la qualità delle merci vendute, nonché gli sconti o ribassi praticati.
2.I messaggi pubblicitari devono indicare i contenuti delle comunicazioni al Comune di cui agli articoli 33, comma 2, e 35, comma 3, e citare espressamente gli estremi della loro spedizione o gli estremi del protocollo.
3.Nelle vendite regolate agli articoli 33, 34 e 35, le merci offerte devono essere presentate in maniera inequivocabilmente distinta e separata da quelle eventualmente poste in vendita alle condizioni ordinarie. Ove una tale separazione non sia possibile la vendita ordinaria dev'essere sospesa.
4.Nel caso che per una stessa tipologia merceologica vengano praticati al consumatore prezzi di vendita diversi a seconda della varietà degli articoli che rientrano in tale tipologia, è fatto obbligo di indicare nel materiale pubblicitario ed espositivo tutti i prezzi con lo stesso rilievo tipografico e visivo.
5.Nel caso venga indicato un solo prezzo, è fatto obbligo di vendere a quel prezzo tutti gli articoli che rientrano nella tipologia reclamizzata.
6.È fatto obbligo di praticare nei confronti del consumatore i prezzi pubblicizzati senza limitazioni di quantità e senza alcun abbinamento di vendite, fino all'esaurimento delle scorte.
7.È fatto obbligo di esporre un cartello indicante la dicitura <<vetrina in allestimento>> per il tempo necessario a sostituire i prezzi praticati ordinariamente con i prezzi dei prodotti in vendita alle condizioni di sconto o ribasso.
8.L'esaurimento delle scorte di talune merci durante il periodo di vendita deve essere portato a conoscenza del consumatore con avvisi ben visibili dall'esterno del locale di vendita; gli organi di vigilanza hanno facoltà di controllo sull'effettivo esaurimento delle scorte.
9.La comunicazione al Comune prevista dall'articolo 35, comma 3, non è necessaria nel caso di vendita nelle farmacie e per corrispondenza.
10.Gli organi di vigilanza del Comune, muniti dell'apposita tessera di riconoscimento, hanno facoltà di accedere ai punti di vendita per effettuare i relativi controlli.
CAPO VI
 Variazioni soggettive e oggettive del titolo
Art. 38
 (Sospensione e cessazione dell'attività)
1.La sospensione dell'attività degli esercizi di vendita al dettaglio di vicinato, di media e grande struttura, qualora debba protrarsi per più di trenta giorni, è comunicata dagli operatori commerciali al Comune almeno dieci giorni prima del suo inizio.
2.La sospensione di cui al comma 1 non può superare i dodici mesi. Nei casi di forza maggiore o di gravi e circostanziati motivi, l'operatore può chiedere preventivamente al Comune anche più di una volta l'autorizzazione a sospendere l'attività per periodi non superiori a sei mesi.
3.La cessazione dell'attività degli esercizi di vendita, di cui al comma 1, dev'essere comunicata dall'esercente al Comune entro i trenta giorni successivi a quelli in cui si è verificata.
4.In caso di cessazione conseguente a cessione dell'esercizio, il cessionario deve darne comunicazione al Comune nei termini di cui al comma 3, solo qualora la denuncia di inizio attività, ai sensi dell'articolo 39, comma 2, venga presentata successivamente.
5.Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano alle chiusure stagionali delle attività commerciali nelle località turistiche.
Art. 39
 (Subingresso)
1.Il trasferimento in gestione o in proprietà degli esercizi commerciali di cui agli articoli 11, 12 e 13, per atto tra vivi o a causa di morte, è soggetto alla denuncia di inizio attività e comporta di diritto il trasferimento dell'esercizio a chi subentra, sempre che intervenga l'effettivo trasferimento dell'azienda e il subentrante sia in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5.
2.La denuncia di inizio attività deve essere presentata entro il termine di dodici mesi, decorrente dalla data del trasferimento dell'azienda, o, nel caso di subingresso per causa di morte, dalla data di acquisizione del titolo, pena l'applicazione di quanto disposto all'articolo 80, commi 9, lettera b), e 10, salvo proroga secondo il disposto di cui all'articolo 38, comma 2.
3.Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, è necessario che il dante causa sia lo stesso titolare dell'attività o il soggetto cui l'azienda sia stata trasferita dal titolare per causa di morte o per donazione e che il trasferimento dell'azienda avvenga entro il termine di cui al comma 2. L'erede o il donatario, qualora privi dei requisiti richiesti per l'esercizio dell'attività, possono soltanto trasferire l'azienda in proprietà a un terzo soggetto.
4.Il subentrante per causa di morte ha comunque la facoltà di continuare provvisoriamente l'attività del dante causa, fermo restando quanto prescritto ai commi 2 e 3.
5.Nei casi di trasferimento della gestione di un esercizio, la denuncia di inizio attività da parte del cessionario ha effetto fino alla scadenza contrattualmente pattuita e il cedente, entro il termine di cui al comma 2, decorrente dalla stessa data ai fini del ritorno in disponibilità dell'azienda, deve presentare la denuncia di inizio attività.
TITOLO III
 COMMERCIO SULLE AREE PUBBLICHE
CAPO I
 Disciplina del commercio sulle aree pubbliche
Art. 40
 (Definizioni)
1.Ai fini della presente legge si intende per commercio sulle aree pubbliche, l'attività di vendita di merci al dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande effettuate:
a) sulle aree pubbliche, comprese quelle del demanio marittimo o sulle aree private delle quali il Comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o scoperte. Sono aree pubbliche, le strade, i canali, le piazze, comprese quelle di proprietà privata gravate da servitù di pubblico passaggio, e ogni altra area di qualunque natura destinata a uso pubblico;
b) su posteggi, insistenti sulle aree pubbliche o private delle quali il Comune abbia la disponibilità che vengano date in concessione all'operatore autorizzato all'esercizio dell'attività commerciale;
c) nei mercati, istituiti sulle aree pubbliche o private delle quali il Comune abbia la disponibilità, composte da più posteggi, attrezzate o meno e destinate all'esercizio dell'attività per uno o più o tutti i giorni della settimana o del mese per l'offerta integrata di merci al dettaglio, la somministrazione di alimenti e bevande, l'erogazione di pubblici servizi;
d) in fiere e cioè in manifestazioni caratterizzate dall'afflusso, nei giorni stabiliti sulle aree pubbliche o private, delle quali il Comune abbia la disponibilità, di operatori autorizzati a esercitare il commercio sulle aree pubbliche, in occasione di particolari ricorrenze, eventi o festività.

2.Ai fini della presente legge si intende per:
a) presenze in un mercato: il numero delle volte che l'operatore si è presentato nel mercato prescindendo dal fatto che vi abbia potuto o meno svolgere la propria attività;
b) presenze effettive in una fiera: il numero delle volte che l'operatore ha effettivamente esercitato l'attività in tale fiera.

Art. 41
 (Ambito di applicazione)
1.Le norme del presente titolo si applicano anche:
a) agli industriali e agli artigiani che intendano esercitare il commercio sulle aree pubbliche dei loro prodotti, anche se l'attività di produzione è esercitata in forma itinerante o su posteggio;
b) ai soggetti che intendano vendere o esporre per la vendita al dettaglio sulle aree pubbliche opere di pittura, di scultura, di grafica e oggetti di antichità o di interesse storico o archeologico di cui alla normativa vigente.

2.Il presente titolo non si applica:
a) a coloro che esercitano esclusivamente la vendita a domicilio ai sensi della normativa vigente;
b) agli agricoltori i quali esercitano sulle aree pubbliche la vendita dei prodotti agricoli ai sensi del decreto legislativo 228/2001, ferme restando le disposizioni relative alla concessione dei posteggi e alle soste per l'esercizio dell'attività in forma itinerante. I medesimi soggetti devono comunque essere in possesso di documentazione probante la denuncia di inizio attività e il rispetto della normativa igienico-sanitaria.

Art. 42
 (Autorizzazione amministrativa)
1.Il commercio sulle aree pubbliche è soggetto ad autorizzazione amministrativa e può essere esercitato da persone fisiche, società in nome collettivo, società in accomandita semplice:
a) su posteggi dati in concessione per dieci anni;
b) su qualsiasi area purché in forma itinerante.

2.Nella domanda l'interessato dichiara:
a) di essere in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività commerciale;
b) il settore o i settori merceologici e, qualora non intenda esercitare in forma itinerante esclusiva, la localizzazione e la dimensione del posteggio del quale chiede la concessione.

3.L'autorizzazione al commercio sulle aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio è rilasciata dal Comune sede del posteggio e abilita anche all'esercizio in forma itinerante nell'ambito del territorio regionale.
4.L'autorizzazione al commercio sulle aree pubbliche in forma esclusivamente itinerante è rilasciata dal Comune nel quale il richiedente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale, se società, e abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore, nonché nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento e svago. Se il richiedente ha la residenza o la sede legale fuori dalla regione, per il rilascio è competente un Comune capoluogo di Provincia del Friuli Venezia Giulia a scelta dell'interessato.
5.L'autorizzazione di cui al comma 3 al fine della sua validità deve contenere l'indicazione del posteggio e non può essere rilasciata qualora non sia disponibile nel mercato il posteggio richiesto o altro posteggio adeguato alle attrezzature dell'operatore.
6.L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata secondo i seguenti criteri di priorità:
a) commercializzazione di prodotti tipici locali;
b) trasferimento del titolare dell'attività già presente nel mercato;
c) maggior numero di presenze nel mercato dove viene chiesta l'assegnazione del posteggio, in qualità di precario, secondo il disposto dell'articolo 49, commi 5 e 7;
d) anzianità storica dell'operatore derivante dalla data di rilascio del precedente titolo;
e) equilibrato rapporto tra tipologie alimentari e non alimentari.

7.Ulteriori criteri di priorità possono essere stabiliti dai Comuni nei regolamenti di cui all'articolo 48, comma 2.
8.Al richiedente, già intestatario o dell'autorizzazione prevista al comma 3, o di quella prevista al comma 4 per il territorio regionale, non può essere rilasciata una nuova autorizzazione al commercio sulle aree pubbliche in forma esclusivamente itinerante.
9.Hanno validità nel territorio regionale anche le autorizzazioni rilasciate nelle altre Regioni ai sensi del decreto legislativo 114/1998.
10.Le autorizzazioni di cui ai commi 3 e 4 possono anche essere stagionali.
11.In occasione delle fiere o di altre riunioni straordinarie di persone possono essere concesse autorizzazioni temporanee per l'esercizio del commercio sulle aree pubbliche. Esse sono valide soltanto per i giorni delle predette riunioni e sono rilasciate esclusivamente a chi possieda i requisiti di cui agli articoli 5, 6 e 7, e nei limiti dei posteggi appositamente previsti.
12.Uno stesso soggetto può essere titolare contemporaneamente di più autorizzazioni, fermo restando il rispetto dei limiti e dei divieti previsti dalla normativa vigente.
13.Le imprese commerciali di uno Stato membro dell'Unione europea, abilitate nel loro Paese allo svolgimento dell'attività sulle aree pubbliche, possono effettuare la medesima attività nel territorio della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia con la sola esibizione del titolo autorizzativo originario, fatta salva l'osservanza delle norme igienico-sanitarie, delle norme che regolano l'uso del suolo pubblico e delle condizioni e modalità stabilite dal regolamento comunale.
Art. 43
 (Esercizio dell'attività)
1.L'esercizio del commercio sulle aree pubbliche è subordinato al rispetto delle condizioni e delle modalità stabilite dal regolamento del Comune nel cui territorio viene esercitato.
2.Con il regolamento di cui al comma 1, l'esercizio del commercio sulle aree pubbliche è vietato o sottoposto a condizioni particolari ai fini della salvaguardia delle zone aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale.
3.Possono essere stabiliti divieti e limitazioni all'esercizio anche per motivi di ordine pubblico, viabilità, di carattere igienico-sanitario o per altri motivi di pubblico interesse, relativamente sia all'attività svolta in forma itinerante, sia alla localizzazione dei posteggi nei mercati e nelle fiere, fermo restando che i Comuni non possono stabilire limitazioni e divieti per l'esercizio dell'attività disciplinata dalla presente legge al fine di creare zone di rispetto a tutela della posizione di operatori in sede stabile o sulle aree pubbliche.
4.L'impresa commerciale sulle aree pubbliche che eserciti l'attività in forma itinerante, nonché l'agricoltore di cui all'articolo 41, comma 2, lettera b), che eserciti la vendita dei prodotti agricoli in forma itinerante ai sensi del decreto legislativo 228/2001, possono sostare nello stesso punto nei limiti dell'orario fissato ai sensi dell'articolo 51; per punto si intende la superficie occupata durante la sosta.
5.L'autorizzazione deve essere esibita a ogni richiesta degli organi di vigilanza.
Art. 44
 (Aree marittime e stradali)
1.L'esercizio del commercio sulle aree pubbliche incluse nell'ambito di aree demaniali marittime è soggetto al nulla osta delle competenti autorità marittime, le quali stabiliscono modalità, condizioni, limiti e divieti per l'accesso alle aree predette.
2.Senza permesso dell'ente proprietario o gestore è vietato il commercio sulle aree pubbliche negli aeroporti, nelle stazioni e nelle autostrade.
Art. 45
 (Sostituzioni)
1.Il titolare dell'autorizzazione sulle aree pubbliche può farsi sostituire nell'esercizio dell'attività esclusivamente da chi sia in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività commerciale, salvo il caso di sostituzione momentanea, per il quale può essere delegato anche un soggetto privo dei requisiti professionali prescritti.
2.Si intende per sostituzione momentanea quella non superiore complessivamente a quaranta giorni anche non consecutivi in ciascun anno solare.
3.Non è ammessa la sostituzione momentanea nei mercati di cui all'articolo 48, comma 10, e nelle fiere.
Art. 46
 (Divieti)
1.Nell'esercizio del commercio sulle aree pubbliche è fatto divieto di vendere o esporre armi, esplosivi o oggetti preziosi.
Art. 47
 (Prescrizioni per i prodotti alimentari)
1.L'autorizzazione al commercio sulle aree pubbliche abilita sia alla vendita sia alla somministrazione di prodotti alimentari, sempre che il titolare sia in possesso dei requisiti richiesti per l'una e per l'altra attività. Tanto l'abilitazione alla somministrazione quanto quella alla vendita di generi alimentari devono risultare dal titolo autorizzatorio. Nel caso in cui sia posseduta esclusivamente l'abilitazione alla somministrazione o quella alla vendita di generi alimentari, l'autorizzazione può essere rilasciata solo per l'attività a cui si riferisce l'abilitazione.
2.Ai fini di quanto prescritto al comma 1, con riferimento alla somministrazione di alimenti e bevande anche sulle aree pubbliche, trovano applicazione le norme contenute nel titolo V.
3.L'esercizio del commercio sulle aree pubbliche dei prodotti alimentari è soggetto alle norme che tutelano le esigenze igienico-sanitarie.
4.L'esercizio dell'attività di somministrazione sulle aree pubbliche di prodotti alimentari è soggetto all'autorizzazione sanitaria di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), la quale deve indicare la tipologia merceologica autorizzata.
5.Resta salvo il divieto di vendere sulle aree pubbliche bevande alcoliche di qualsiasi gradazione diverse da quelle poste in vendita in recipienti chiusi nei limiti e con le modalità di cui all'articolo 176, comma 1, del regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (Approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773 delle leggi di pubblica sicurezza), e successive modifiche.
6.In deroga a quanto previsto al comma 5, è consentita la somministrazione di bevande alcoliche, esclusivamente con contenuto alcolico inferiore al 21 per cento del volume, soltanto nelle fiere.
Art. 48
 (Disposizioni relative ai mercati)
1.L'attività esercitata nei mercati è soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 42, comma 3, e alla concessione decennale di posteggio di cui all'articolo 49, salvo quanto disposto ai commi 10 e 11.
2.L'istituzione, la soppressione o lo spostamento dei mercati, nonché le modalità del loro funzionamento sono disciplinati con regolamento comunale che, in conformità alle eventuali prescrizioni degli strumenti urbanistici, stabilisce l'ampiezza complessiva delle aree relative ai mercati sulla base delle caratteristiche economiche del territorio, nonché sulla base del rapporto tra l'evoluzione della domanda potenziale dei consumi della popolazione residente e della clientela turistica e di passaggio e l'evoluzione dell'offerta commerciale complessiva, al fine di assicurare la migliore funzionalità e produttività del servizio da rendere al consumatore e un adeguato equilibrio con le installazioni commerciali a posto fisso e le altre forme di distribuzione in uso.
3.Il regolamento stabilisce altresì il numero e le modalità di assegnazione dei posteggi, in osservanza a quanto disposto dall'articolo 42, commi 6 e 7, la loro superficie, i criteri di assegnazione delle aree riservate agli agricoltori che esercitano la vendita dei prodotti agricoli, nonché la superficie delle aree, indicando la superficie destinata ai posteggi nel loro complesso. La suddivisione in posteggi delle aree può essere effettuata sulla base della superficie di ciascun posteggio. Le aree possono consistere in un insieme di posteggi contigui fra loro o in un insieme di posteggi situati in zone diverse del territorio comunale.
4.I Comuni possono determinare le tipologie merceologiche dei posteggi, dislocando gli stessi secondo criteri di ordine merceologico in relazione alle esigenze di allacciamento alla rete idrica e fognaria e di osservanza delle condizioni igienico-sanitarie prescritte o sulla base della diversa superficie dei posteggi medesimi, fermo restando quanto disposto all'articolo 42, commi 6 e 7, e all'articolo 49.
5.Al fine di favorire la valorizzazione della cultura enogastronomica e delle produzioni tipiche locali, ovvero di salvaguardare le radici storiche identitarie della collettività locale, i Comuni possono prevedere, limitatamente all'area del centro storico, restrizioni specifiche alle tipologie merceologiche dei posteggi esistenti, sia per il settore alimentare che per il settore non alimentare, ovvero possono istituire mercati specializzati nella vendita di particolari prodotti, o nella somministrazione degli stessi, ovvero di entrambe, laddove si tratti di prodotti alimentari.
6.I titolari di posteggi ubicati in mercati nei centri storici, qualora pongano in vendita merceologie non conformi alle restrizioni previste al comma 5, hanno l'onere di adeguarsi alle specializzazioni merceologiche deliberate dai Comuni entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione, pena la decadenza dalla concessione del posteggio.
7.Possono essere previste aree da destinare esclusivamente all'esercizio stagionale dell'attività di cui all'articolo 42, comma 1, lettera a).
8.Le aree destinate alle fiere non fanno parte di quelle previste dal presente articolo e sono stabilite dal Comune con il regolamento che le istituisce.
9.Qualora uno o più soggetti mettano gratuitamente a disposizione del Comune un'area privata, attrezzata o non attrezzata, scoperta o coperta, per l'esercizio dell'attività di cui all'articolo 42, comma 1, lettera a), essa può essere inserita fra le aree corrispondenti a tale attività e i soggetti stessi, qualora in possesso dei requisiti per lo svolgimento dell'attività commerciale, hanno titolo a che siano loro assegnati prioritariamente i posteggi che richiedono sull'area offerta.
10.I mercati che si tengono un solo giorno al mese possono essere destinati a merceologie esclusive e in ogni caso sono riservati ai titolari di autorizzazioni di cui all'articolo 42, commi 3 e 4, rilasciate esclusivamente da un Comune della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia.
11.Relativamente ai mercati di cui al comma 10 trova applicazione l'articolo 50, commi da 4 a 9, e la determinazione delle aree avviene ai sensi di cui al comma 8.
12.Nei Comuni classificati montani per il totale della propria superficie censuaria e nei Comuni inseriti in zone a svantaggio socio-economico di cui all'allegato B, la determinazione delle aree di cui al presente articolo può avvenire anche in deroga ai limiti e divieti di cui alla vigente legislazione.
13.Il presente articolo non si applica alle aree demaniali marittime, a quelle degli aeroporti, delle stazioni e delle autostrade.
14.I Comuni, mediante apposite convenzioni, possono dare in concessione la gestione dei mercati e delle fiere ai CAT o ai loro Centri di coordinamento.
Art. 49
 (Posteggi)
1.La concessione del posteggio nei mercati di cui all'articolo 48 è rilasciata in base ai criteri di priorità di cui all'articolo 42, commi 6 e 7, ha una durata massima di dieci anni, è rinnovabile e non può essere ceduta a nessun titolo, se non con l'azienda commerciale. La presente disposizione non si applica ai mercati di cui all'articolo 48, commi 10 e 11, nonché alle fiere.
2.Il titolare dell'autorizzazione ha diritto a utilizzare il posteggio per tutti i prodotti oggetto della sua attività, fatto salvo il rispetto delle esigenze igienico-sanitarie, nonché delle prescrizioni e limitazioni di cui alla legislazione vigente.
3.I posteggi, tutti o parte di essi, debbono avere una superficie tale da poter essere utilizzati anche dagli autoveicoli attrezzati come punti di vendita, ovvero con attrezzatura permanente installata. Qualora il titolare del posteggio abbia uno di tali autoveicoli e la superficie dell'area concessa sia insufficiente, ha diritto a che venga ampliata o, se impossibile, che gli venga concesso, se disponibile, un altro posteggio più adeguato, a sua scelta, fermo restando il rispetto delle prescrizioni urbanistiche, nonché delle limitazioni e dei divieti posti ai sensi dell'articolo 43, comma 2.
4.Il Comune deve tenere continuamente aggiornata una planimetria con l'indicazione del numero della superficie e della localizzazione dei posteggi disponibili nel suo territorio e metterla a disposizione di chi intenda richiedere l'autorizzazione di cui all'articolo 42, comma 3.
5.I posteggi temporaneamente non occupati dai titolari delle relative concessioni sono assegnati giornalmente, durante il periodo di non utilizzazione da parte del titolare, ai soggetti legittimati a esercitare il commercio sulle aree pubbliche in base ad autorizzazione di cui all'articolo 42, rilasciata esclusivamente da un Comune della regione Friuli Venezia Giulia. L'area in concessione su indicata non può essere assegnata qualora si tratti di un box o chiosco o locale o in essa si trovino strutture o attrezzature fissate stabilmente al suolo di proprietà del titolare della concessione.
6.La disposizione di cui al comma 5 non trova applicazione nei mercati di cui all'articolo 48, comma 10, nonché nelle fiere.
7.Il criterio di assegnazione dei posteggi temporaneamente non occupati dal titolare di cui al comma 5 è deliberato dai Comuni.
8.Nessun titolare di autorizzazione può utilizzare più di un posteggio contemporaneamente nello stesso mercato, inclusi quelli di cui all'articolo 48, comma 10, e quelli delle fiere. Tale divieto non si applica a chi, alla data del 31 ottobre 1998, fosse titolare di più posteggi nello stesso mercato e alla società di persone cui siano conferite aziende per l'esercizio del commercio sulle aree pubbliche operanti nello stesso mercato.
9.Il titolare dell'autorizzazione decade dalla concessione del posteggio per il mancato rispetto delle norme sull'esercizio dell'attività disciplinata dalla presente legge, incluso il mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 43, comma 2, o qualora il posteggio non venga utilizzato in ciascun anno solare per periodi di tempo complessivamente superiori a quattro mesi, salvo il caso di assenza per malattia, gravidanza, maternità, servizio militare o ferie.
10.Costituisce condizione di concessione del posteggio e, se non rispettata, di decadenza dalla concessione stessa, l'assunzione da parte dell'operatore dell'onere di lasciare l'area utilizzata libera da ingombri e di rimuovere giornalmente da essa tutti i prodotti. Il Comune deve collocare attrezzature adeguate per la raccolta di tali rifiuti.
11.La decadenza dalla concessione del posteggio è automatica e va immediatamente comunicata all'interessato dal Comune, non appena il provvedimento sanzionatorio emesso per la violazione di quanto prescritto ai sensi dei commi 9 e 10 è divenuto esecutivo.
12.La decadenza dalla concessione del posteggio per la mancata utilizzazione dello stesso, in ciascun anno solare, per periodi di tempo complessivamente superiori a quattro mesi riguarda chi non utilizzi il posteggio per un numero di giorni complessivamente superiore al numero dei giorni di attività possibili secondo il tipo di autorizzazione nel corso di quattro mesi. Qualora il posteggio venga utilizzato per l'esercizio di un'attività stagionale, il numero dei giorni di mancato utilizzo del medesimo, oltre il quale si verifica la decadenza dalla concessione, è ridotto in proporzione alla durata dell'attività. Accertato il mancato utilizzo del posteggio nei termini suindicati, la decadenza è automatica e va immediatamente comunicata dal Comune all'interessato.
13.Il Comune può revocare la concessione del posteggio per motivi di pubblico interesse, senza oneri per il Comune medesimo. In tal caso l'interessato ha diritto a ottenere un altro posteggio nel territorio comunale. Il posteggio concesso in sostituzione di quello revocato non può avere una superficie inferiore e deve essere localizzato, possibilmente, in conformità delle scelte dell'operatore. Questi, in attesa dell'assegnazione del nuovo posteggio, ha facoltà di esercitare l'attività nell'area che ritiene più adatta, della medesima superficie del posteggio revocato, nel rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici e di quelle di cui all'articolo 43, comma 2.
Art. 50
 (Determinazione delle aree relative alle fiere)
1.Il commercio sulle aree destinate alle fiere, stabilite dai regolamenti comunali, è riservato ai titolari di autorizzazione di cui all'articolo 42, commi 3 e 4.
2.L'autorizzazione all'esercizio dell'attività sulle aree pubbliche di cui all'articolo 42, commi 3 e 4, abilita alla partecipazione alle fiere che si svolgono sul territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 114/1998, e successive modifiche.
3.Le disposizioni previste all'articolo 48, commi 7, 8 e 11 si applicano anche alle aree oggetto del presente articolo. Il Comune comunque può stabilire che tutte o parte di tali aree possano essere utilizzate solo per determinate specializzazioni merceologiche, qualora la fiera corrispondente venga istituita come fiera di determinati prodotti.
4.L'assegnazione dei posteggi nelle aree di cui al presente articolo avviene secondo i seguenti criteri di priorità:
a) maggior numero di presenze nella fiera per la quale viene chiesta l'assegnazione del posteggio;
b) titolarità dell'autorizzazione di cui all'articolo 42, comma 4;
c) anzianità storica dell'operatore commerciale derivante dalla data di rilascio del precedente titolo.

5.Ulteriori criteri di priorità possono essere previsti nel regolamento istitutivo delle fiere.
6.Le domande di concessione del posteggio debbono pervenire al Comune almeno sessanta giorni prima dello svolgimento della fiera.
7.La graduatoria per l'assegnazione dei posteggi è affissa nell'albo comunale almeno trenta giorni prima dello svolgimento della fiera.
8.Il possesso del titolo di priorità relativo al maggior numero di presenze è attestato dal Comune sulla base di documenti probanti l'assegnazione di area pubblica o l'effettiva partecipazione alla manifestazione. Per coloro per i quali non possa essere documentato il numero di presenze sulla fiera, la graduatoria è formata tenuto conto dell'anzianità di iscrizione al registro delle imprese.
9.La concessione del posteggio è limitata ai giorni della fiera e ha validità quinquennale purché la domanda sia stata inoltrata nei termini di cui al comma 6.
Art. 51
 (Orari)
1.I Comuni, con regolamento, stabiliscono i criteri e gli indirizzi per la determinazione degli orari dei mercati e delle fiere, nonché degli orari per l'esercizio del commercio sulle aree pubbliche in forma itinerante.
2.Il Sindaco, nel rispetto dei criteri e degli indirizzi di cui al comma 1, stabilisce con ordinanza gli orari dei mercati e delle fiere, e quelli per l'esercizio del commercio in forma itinerante, nonché per comprovate esigenze, fissa modifiche, deroghe e limitazioni, anche temporanee, d'orario, stabilendo regole uniformi per tutti gli operatori.
3.I giorni e gli orari di attività degli operatori sulle aree pubbliche possono essere diversi da quelli previsti per i commercianti in sede fissa.
4.I mercati che antecedentemente alla data del 31 ottobre 1998 si svolgevano nei giorni domenicali e festivi possono continuare a svolgersi negli stessi giorni.
5.Nell'ipotesi di cui al comma 4 i commercianti al dettaglio diversi da quelli operanti sulle aree pubbliche hanno la facoltà di tenere aperti gli esercizi per tutta la durata del mercato, in deroga agli orari normalmente praticati, nei modi e con i limiti stabiliti con l'ordinanza di cui al comma 2.
6.L'ordinanza di cui al comma 2 stabilisce le modalità di esercizio della facoltà riconosciuta al comma 5.
7.Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano anche alle fiere disciplinate all'articolo 50, qualora tali manifestazioni cadano in giorni domenicali o festivi.
Art. 52
 (Subingresso)
1.Al trasferimento in gestione o in proprietà dell'azienda per l'esercizio del commercio sulle aree pubbliche si applicano le disposizioni di cui agli articoli 39 e 72, in quanto compatibili.
2.Il trasferimento in gestione o in proprietà dell'azienda di cui al comma 1 comporta anche il trasferimento dei titoli di priorità nell'assegnazione del posteggio posseduti dal dante causa. Il trasferimento dell'azienda, autorizzata ai sensi dell'articolo 42, comma 3, comporta anche quello del posteggio.
Art. 53
 (Consistenza degli esercizi)
1.Ai fini della rilevazione della consistenza degli esercizi per il commercio sulle aree pubbliche, ogni provvedimento di rilascio o di revoca dell'autorizzazione e ogni modifica del titolo autorizzatorio vanno comunicati dal Comune competente alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nella cui circoscrizione l'operatore ha la residenza o la sede legale.
2.Nell'ipotesi in cui l'operatore abbia la residenza o la sede legale fuori del territorio regionale, le comunicazioni vanno inoltrate alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia cui appartiene il Comune.
3.Ai fini degli adempimenti di cui ai commi 1 e 2, gli operatori devono comunicare al Comune competente ogni loro cambio di residenza.
Art. 54
 (Disposizioni procedimentali)
1.I soggetti che esercitano il commercio sulle aree pubbliche sono sottoposti alle medesime disposizioni che riguardano le altre attività commerciali, purché esse non contrastino con le specifiche disposizioni del titolo III e del titolo VI.
2.Nell'adozione dei regolamenti disciplinati dal presente titolo, i Comuni danno attuazione alle forme di consultazione previste dall'articolo 8 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali).
TITOLO IV
 COMMERCIO DELLA STAMPA QUOTIDIANA E PERIODICA
CAPO I
 Disciplina del commercio della stampa quotidiana e periodica
Art. 55
 (Definizione e ambito di applicazione)
1.Ai fini della presente legge si intende per commercio della stampa quotidiana e periodica, la vendita di giornali e riviste esercitata sia sulle aree pubbliche o aperte al pubblico, sia su posteggi fissi concessi dal Comune che in forma itinerante.
2.Il commercio di cui al comma 1 può essere esercitato sia in punti vendita esclusivi sia in punti vendita non esclusivi.
3.Ai fini della presente legge si intende per:
a) punti vendita esclusivi: quelli che, autorizzati in base al Piano comunale di localizzazione di cui all'articolo 60, sono tenuti alla vendita generale di quotidiani e periodici, con la sola eventuale aggiunta dei prodotti complementari di cui all'articolo 60, comma 2;
b) punti vendita non esclusivi: gli esercizi di cui all'articolo 56, comma 2, che in aggiunta ad altre merci sono autorizzati, in base ai criteri comunali di cui all'articolo 61, alla vendita dei soli quotidiani, dei soli periodici, ovvero di entrambi.

4.I soggetti che esercitano l'attività di vendita dei quotidiani e periodici sono sottoposti alle medesime disposizioni che riguardano le altre attività commerciali, purché esse non contrastino con le specifiche disposizioni del titolo IV e del titolo VI.
Art. 56
 (Autorizzazione alla vendita della stampa quotidiana e periodica)
1.L'attività di vendita della stampa quotidiana e periodica, anche a carattere stagionale, è soggetta ad autorizzazione da parte dei Comuni, in conformità ai piani di localizzazione di cui all'articolo 60 per i punti vendita esclusivi e all'articolo 61 per quelli non esclusivi.
2.Possono essere autorizzati all'esercizio di un punto vendita non esclusivo:
a) i centri commerciali al dettaglio e i complessi commerciali;
b) le rivendite di generi di monopolio;
c) le rivendite di carburanti e di oli minerali con il limite minimo di superficie pari a metri quadrati 1.500;
d) gli esercizi di cui all'articolo 67, comma 1, lettera a);
e) gli esercizi adibiti prevalentemente alla vendita di libri e prodotti equiparati;
f) gli esercizi a prevalente specializzazione di vendita, con esclusivo riferimento alla vendita delle riviste di identica specializzazione.

Art. 57
 (Esenzione dall'autorizzazione)
1.Non è necessaria alcuna autorizzazione per:
a) la vendita nelle sedi dei partiti, enti, chiese, comunità religiose, sindacati e associazioni, di pubblicazioni di rispettiva pertinenza;
b) la vendita ambulante di quotidiani di partito, sindacali e religiosi, che ricorrano all'opera di volontari a scopo di propaganda politica, sindacale o religiosa;
c) la vendita nelle sedi delle società editrici e delle loro redazioni distaccate dei giornali e delle riviste da esse editi;
d) la vendita di pubblicazioni specializzate non distribuite nelle edicole;
e) la consegna porta a porta e per la vendita ambulante da parte degli editori, distributori ed edicolanti;
f) la vendita in strutture ricettive quando a servizio dei clienti;
g) la vendita effettuata all'interno di strutture pubbliche o private rivolta unicamente al pubblico che ha accesso a tali strutture.

Art. 58
 (Parità di trattamento)
1.Nei punti vendita esclusivi di quotidiani e periodici deve essere garantita parità di trattamento alle diverse testate. I punti vendita non esclusivi assicurano parità di trattamento a quotidiani e periodici, nell'ambito della tipologia prescelta per la vendita.
2.Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alla vendita delle pubblicazioni a contenuto anche solo parzialmente pornografico.
Art. 59
 (Modalità di vendita)
1.La vendita della stampa quotidiana e periodica è effettuata nel rispetto delle seguenti modalità:
a) il prezzo di vendita della stampa quotidiana e periodica stabilito dal produttore non può subire variazioni in relazione ai punti di vendita, esclusivi e non esclusivi, che effettuano la rivendita;
b) le condizioni economiche e le modalità commerciali di cessione delle pubblicazioni, comprensive di ogni forma di compenso riconosciuta ai rivenditori, devono essere identiche per le diverse tipologie di esercizi, esclusivi e non esclusivi, che effettuano la vendita;
c) i punti di vendita, esclusivi e non esclusivi, devono prevedere un adeguato spazio espositivo per le testate poste in vendita;
d) è vietata l'esposizione al pubblico di giornali, riviste e materiale pornografico; tale divieto comunque va riferito a tutto ciò che in via diretta è lesivo del comune senso del pudore ovvero del buon costume.

Art. 60
 (Piani comunali di localizzazione dei punti esclusivi di vendita)
1.I Comuni, sentito il parere delle associazioni degli editori e dei distributori, nonché delle organizzazioni sindacali dei rivenditori e dei consumatori, redigono i Piani di localizzazione dei punti di vendita esclusivi, in base ai seguenti criteri:
a) consistenza della popolazione residente, densità demografica, numero delle famiglie e presenza di popolazione fluttuante non residente, comprese le correnti turistiche stagionali e permanenti;
b) suddivisione del territorio comunale in zone e, nell'ambito di queste, di eventuali aree funzionali con le seguenti caratteristiche: a) centro urbano, b) area intermedia tra centro e periferia, c) area periferica, d) area all'interno di strutture scolastiche e universitarie, e) area rurale o montana;
c) caratteristiche urbanistiche e sociali di ogni zona con particolare riguardo a: previsioni degli strumenti urbanistici generali e attuativi vigenti; assetto viario e delle comunicazioni; grandi strutture di traffico (stazioni ferroviarie, autostradali, aeroporti, porti, centri annonari e doganali); strutture scolastiche e universitarie, centri culturali e di informazione, uffici pubblici e privati, insediamenti industriali, commerciali, ricettivi, ovvero genericamente produttivi;
d) situazione determinatasi nell'ultimo biennio, individuata se necessario per singola zona, in relazione a: andamento delle vendite, anche sulla base dei dati forniti dalle organizzazioni degli editori, dei distributori e dei rivenditori; numero, localizzazione, densità e caratteristiche tipologiche dei punti di vendita esistenti.

2.I Piani individuano i criteri di priorità al fine del rilascio dell'autorizzazione in caso di domande concorrenti, i prodotti complementari individuati in base agli usi locali, nonché le distanze minime tra le rivendite, misurate in linea d'aria, sulla base dei seguenti limiti minimi per le aree funzionali:
a) Centro urbano, metri lineari 100;
b) Area intermedia tra centro e periferia, metri lineari 200;
c) Area periferica, metri lineari 400;
d) Area all'interno di strutture scolastiche e universitarie, nessun limite;
e) Area rurale o montana, nessun limite.

3.I Comuni di cui all'articolo 30 possono derogare alle distanze di cui al comma 2, d'intesa con gli organismi di cui al comma 1.
4.Nei casi in cui due rivendite si trovino su versanti opposti della stessa strada o piazza, le distanze di cui al comma 2 possono essere ridotte nella misura del 30 per cento.
5.Nei casi in cui due rivendite si trovino in zone diverse, la distanza minima si determina in base al comma 2, lettera c).
6.Resta ferma la disciplina di cui all'articolo 22, relativamente alla vendita di quotidiani e periodici tramite distributori automatici, e comunque nel rispetto delle distanze prescritte al comma 2, qualora i distributori automatici non siano connessi a una rivendita già esistente.
7.I Comuni, decorso un biennio dalla redazione del Piano di settore del commercio, verificano, se necessario per singola zona, la situazione del settore, tenuto conto dell'andamento delle vendite, anche sulla base dei dati forniti dalle organizzazioni degli editori, dei distributori e dei rivenditori, concernenti numero, localizzazione, densità e caratteristiche tipologiche dei punti di vendita esistenti.
Art. 61
 (Criteri comunali relativi ai punti non esclusivi di vendita)
1.I Comuni provvedono con regolamento alla determinazione di criteri per il rilascio dell'autorizzazione relativa ai punti di vendita non esclusivi, secondo le procedure e in conformità ai criteri di cui all'articolo 60.
2.Qualora se ne ravvisino comprovate esigenze, i Comuni, previo parere degli organismi di cui all'articolo 60, comma 7, possono derogare alle distanze di cui al medesimo articolo 60, esclusivamente per i punti vendita non esclusivi, solo qualora le distanze stesse vengano calcolate fra i medesimi.
Art. 62
 (Commercio sulle aree pubbliche)
1.Il Comune può rilasciare, con validità limitata al proprio territorio, autorizzazioni soltanto per la vendita esclusiva di quotidiani e periodici sulle aree pubbliche, sia in forma esclusivamente itinerante, sia con posteggio fisso, nella misura massima del 5 per cento rispetto alle autorizzazioni rilasciabili ai sensi dell'articolo 60.
2.Fermo restando l'obbligo anche per l'operatore sulle aree pubbliche di rispettare le distanze di cui agli articoli 60 e 61, costituendo la violazione di tale obbligo esercizio dell'attività fuori dal territorio previsto dall'autorizzazione, per quanto non disciplinato dal presente capo, trova applicazione quanto prescritto al titolo III.
Art. 63
 (Orari)
1.Per garantire il miglior servizio all'utenza, il Sindaco, previo parere degli organismi di cui all'articolo 60, comma 1, determina con ordinanza gli orari di apertura e di chiusura e le giornate di chiusura dei punti di vendita, nonché le relative deroghe.
Art. 64
 (Disposizioni comuni sui Piani e criteri)
1.I Piani e i criteri già adottati dai Comuni debbono essere riveduti secondo le prescrizioni della presente legge entro due anni dalla sua entrata in vigore; decorso tale termine, in mancanza di revisione, si applicano i commi 2 e 3.
2.In assenza dei Piani e dei criteri di cui agli articoli 60 e 61, le relative autorizzazioni vanno rilasciate in osservanza delle procedure e in conformità ai criteri di cui all'articolo 60, commi 1 e 2.
3.In assenza dei Piani e dei criteri di cui agli articoli 60 e 61 solo qualora nel territorio del Comune o di una sua frazione non esistano punti di vendita, l'autorizzazione alla vendita può essere rilasciata anche a esercizi diversi da quelli menzionati nel presente capo, in deroga al comma 2.
TITOLO V
 SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE
CAPO I
 Disciplina dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande
Art. 65
 (Definizioni)
1.Ai fini della presente legge si intende per:
a) somministrazione al pubblico di alimenti e bevande: la vendita per il consumo di tali prodotti nei locali dell'esercizio o in superfici aperte al pubblico a tal fine attrezzate annesse all'esercizio, anche quando effettuata con distributori automatici;
b) superficie aperta al pubblico: l'area a disposizione dell'operatore, pubblica o privata, comunque pertinente al locale e destinata all'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande;
c) somministrazione di alimenti e bevande in esercizi non aperti al pubblico: l'attività svolta in luoghi dove l'accesso è riservato a determinate persone;
d) attrezzature di somministrazione: tutti i mezzi e gli strumenti finalizzati a consentire il consumo di alimenti e bevande;
e) somministrazione nel domicilio del consumatore: l'organizzazione nel domicilio dello stesso di un servizio di somministrazione di alimenti e bevande rivolto esclusivamente al consumatore, ai familiari e alle persone presenti;
f) sorvegliabilità: il rispetto delle caratteristiche costruttive previste dal decreto ministeriale 17 dicembre 1992, n. 564 (Regolamento concernente i criteri di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande), e successive modifiche, differenziate a seconda siano locali aperti al pubblico o riservati a una cerchia di persone;
g) somministrazione stagionale: l'attività di somministrazione di alimenti e bevande svolta su area pubblica o privata per un periodo non inferiore a sessanta giorni e non superiore a duecentoquaranta giorni;
h) somministrazione temporanea: l'attività di somministrazione di alimenti e bevande svolta su area pubblica o privata per un periodo non superiore a cinquantanove giorni.

Art. 66
 (Esclusioni)
1.Le norme della presente legge non si applicano all'attività di somministrazione di alimenti e bevande effettuata:
a) negli esercizi annessi alle strutture ricettive, limitatamente alle persone alloggiate;
b) ai sensi della legge regionale 22 luglio 1996, n. 25 (Disciplina dell'agriturismo);
c) dagli enti pubblici, dalle fondazioni, dalle ONLUS, dalle associazioni e dai soggetti promotori di manifestazioni politiche, religiose, culturali e sportive o nell'ambito delle funzioni o attività istituzionali esercitate nelle rispettive sedi.

Art. 67
 (Tipologia degli esercizi)
1.Ai fini della determinazione del numero delle autorizzazioni rilasciabili in ciascun Comune, gli esercizi di somministrazione sono distinti in:
a) esercizi per la somministrazione di alimenti e di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, dolciumi, generi di pasticceria, gelateria e di prodotti di gastronomia. Negli esercizi di tale tipologia non costituisce attività di intrattenimento la riproduzione sonora o l'esecuzione di brani musicali, effettuata non in forma imprenditoriale e secondo le modalità stabilite dal regolamento comunale;
b) esercizi di intrattenimento e svago in cui tale attività viene svolta in maniera prevalente, congiuntamente a quella di somministrazione di alimenti e bevande.

2.L'attività di intrattenimento e svago si intende prevalente nei casi in cui la superficie utilizzata per il suo svolgimento è almeno pari ai tre quarti della superficie complessiva, esclusi i magazzini, i depositi, gli uffici e i servizi.
3.Gli esercizi di cui al comma 1 possono somministrare alimenti e bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione, nei limiti degli specifici requisiti igienico-sanitari e della specifica autorizzazione sanitaria.
Art. 68
 (Disciplina delle attività di somministrazione di alimenti e bevande)
1.L'apertura e il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal Comune nel cui territorio è ubicato l'esercizio.
2.L'ampliamento degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande è soggetto a comunicazione al Comune competente per territorio.
3.È soggetto alla denuncia di inizio attività l'esercizio della somministrazione di alimenti e bevande da effettuarsi:
a) negli esercizi di cui all'articolo 67, comma 1, lettera b);
b) negli esercizi situati all'interno delle aree di servizio delle strade extraurbane principali, delle autostrade, nelle stazioni dei mezzi di trasporto pubblico e nei mezzi di trasporto pubblico;
c) nelle mense aziendali e negli spacci annessi ad aziende, amministrazioni, enti, ONLUS, associazioni e scuole nei quali la somministrazione viene effettuata esclusivamente nei confronti del personale dipendente e degli studenti;
d) nel domicilio del consumatore;
e) nelle attività svolte in forma temporanea;
f) nelle attività svolte direttamente, nei limiti dei loro compiti istituzionali, da amministrazioni pubbliche, associazioni di volontariato, ONLUS, associazioni, cooperative senza fini di lucro, ospedali, case di cura, parrocchie, oratori, comunità religiose, asili infantili, case di riposo, caserme, stabilimenti delle forze dell'ordine;
g) all'interno di musei, teatri, cinema, sale da concerto, sale per riunioni e convegni;
h) nei circoli privati aderenti a enti e organizzazioni nazionali con finalità assistenziali riconosciuti a norma di legge; qualora i circoli privati non aderiscano ai predetti organismi, trova applicazione il regime di cui al comma 1.

4.La somministrazione di bevande aventi un contenuto alcolico superiore al 21 per cento del volume non è consentita negli esercizi operanti nell'ambito di impianti sportivi, strutture culturali e fieristiche, complessi di attrazione dello spettacolo viaggiante installati con carattere temporaneo nel corso di sagre o fiere, e simili luoghi di convegno, scuole, ospedali e case di cura, nonché nel corso di manifestazioni sportive o musicali all'aperto. Il Sindaco, con propria ordinanza, può temporaneamente ed eccezionalmente estendere tale divieto alle bevande con contenuto alcolico inferiore al 21 per cento del volume.
5.Gli esercizi di cui al presente articolo hanno facoltà di vendere per asporto, senza ulteriori titoli autorizzativi, gli alimenti e le bevande che somministrano. In ogni caso l'attività di vendita è subordinata alle stesse norme osservate negli esercizi di vendita al dettaglio.
6.I Comuni, nel rispetto degli indirizzi di cui all'articolo 69, commi 1 e 3, stabiliscono i criteri e le condizioni, revisionabili ogni due anni, relativi al rilascio delle nuove autorizzazioni e di quelle relative al trasferimento di sede, nonché le condizioni per l'esercizio dell'attività di somministrazione stagionale.
7.L'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande all'interno di centri commerciali al dettaglio o di complessi commerciali o di outlet, ovvero ubicata in edifici di proprietà pubblica, cui il Comune riconosca particolare pregio storico, artistico o architettonico, è soggetta ad autorizzazione comunale, in deroga ai limiti numerici fissati negli indirizzi, criteri e condizioni di cui al comma 6 e all'articolo 69, comma 1. Tale autorizzazione non è in alcun caso trasferibile di sede e decade automaticamente qualora cessi il legame fisico e funzionale con il centro, il complesso o l'edificio.
Art. 69
 (Criteri di programmazione)
1.I Comuni rilasciano le autorizzazioni di cui all'articolo 68, comma 1, nel rispetto delle percentuali massime stabilite ai sensi del presente comma, anche in relazione a singole zone del territorio, distinguendo tra autorizzazioni stagionali e non stagionali, così come specificato:
a) Comuni classificati montani per la totalità della propria superficie censuaria, di cui all'allegato B, punto 1:
1) fino a 3.500 abitanti: 30 per cento degli esercizi esistenti;
2) oltre 3.500 abitanti: 25 per cento degli esercizi esistenti;
b) Comuni inseriti in zone a svantaggio socio-economico, di cui all'allegato B, punto 2:
1) fino a 3.500 abitanti: 20 per cento degli esercizi esistenti;
2) oltre 3.500 abitanti: 15 per cento degli esercizi esistenti;
c) Comuni individuati quali località turistiche, di cui all'allegato D: 15 per cento degli esercizi esistenti;
d) Comuni diversi da quelli di cui alle lettere a), b) e c): 10 per cento degli esercizi esistenti.

2.I Comuni, nel rispetto degli indirizzi di cui al comma 1, stabiliscono i criteri e le condizioni relative al rilascio delle nuove autorizzazioni e di quelle relative al trasferimento di sede, nonché le condizioni per l'esercizio delle attività di somministrazione stagionale. Tali criteri possono essere revisionati con cadenza biennale.
3.I Comuni, nell'applicazione delle percentuali massime di cui al comma 1 o, per comprovate ragioni, nell'applicazione di percentuali minori, i cui risultati vanno comunque arrotondati per eccesso all'unità superiore, devono tenere conto dei consumi extra-domestici, della popolazione residente e fluttuante, dei flussi turistici e delle diverse caratteristiche del territorio, al fine di assicurare la migliore funzionalità produttiva del servizio di somministrazione di alimenti e bevande, il più equilibrato rapporto tra domanda e offerta e il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1.
4.Le percentuali di cui al comma 1 non sono tra loro cumulabili; le medesime non si applicano nei casi di forza maggiore. Nei Comuni in cui non siano disponibili autorizzazioni a seguito del calcolo derivante dall'applicazione del comma 1, i Comuni medesimi possono rilasciare un'autorizzazione per frazione qualora la frazione stessa sia totalmente sprovvista di esercizi di somministrazione.
Art. 70
 (Rilascio delle autorizzazioni)
1.La domanda di autorizzazione all'apertura o al trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione deve essere presentata al Comune in cui va ubicata la sede dell'attività.
2.Nella domanda di cui al comma 1 deve essere attestato il possesso dei requisiti di cui agli articoli 5 e 7 con riferimento al titolare, al delegato, nonché a qualsivoglia preposto.
3.Nella comunicazione di cui all'articolo 68, comma 2, il titolare deve dichiarare di aver rispettato i regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e igienico-sanitaria, i regolamenti edilizi e le norme urbanistiche, nonché quelle relative alle destinazioni d'uso.
4.L'esame della domanda è subordinato alla disponibilità da parte del titolare dei locali nei quali intende esercitare l'attività; la disponibilità sussiste anche nel caso in cui i locali siano oggetto di costruzione o ristrutturazione.
5.L'autorizzazione è rilasciata previo accertamento della conformità dei locali rispetto alle norme edilizie, urbanistiche e igienico-sanitarie, nonché alle disposizioni relative alla prevenzione incendi e a quelle in materia di pubblica sicurezza dei locali.
6.L'autorizzazione è rilasciata a tempo indeterminato e ha validità in relazione ai locali in essa indicati. Entro dieci giorni dal rilascio dell'autorizzazione il Comune ne invia gli estremi, anche in via telematica, alla Prefettura, alla Questura, all'Azienda per i servizi sanitari territorialmente competente e alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
Art. 71
 (Riunioni straordinarie)
1.È soggetto a denuncia di inizio attività lo svolgimento temporaneo dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di riunioni straordinarie di persone. La denuncia va inoltrata al Comune nel cui territorio si svolge la manifestazione o ricorrenza.
2.Le riunioni straordinarie di cui al comma 1 non possono avere durata superiore a ventuno giorni consecutivi.
3.Non è richiesto il possesso dei requisiti di cui all'articolo 7 per la somministrazione effettuata da associazioni senza scopo di lucro, sia in sede fissa sia sulle aree pubbliche, in occasione delle riunioni straordinarie di cui al comma 1.
Art. 72
 (Subingresso)
1.Il trasferimento in gestione o in proprietà degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande è soggetto alla denuncia di inizio attività e comporta di diritto il trasferimento dell'esercizio a chi subentra, sempre che sia provato l'effettivo trasferimento dell'azienda e il subentrante sia in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5.
2.Il subentrante in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5, alla data del trasferimento dell'azienda o, nel caso di subingresso per causa di morte, alla data di acquisizione del titolo, deve presentare la denuncia di inizio attività entro il termine di centottanta giorni a decorrere dalle predette date, pena l'applicazione di quanto disposto all'articolo 83, comma 4, lettera a), salva proroga in caso di comprovata necessità di cui alla medesima disposizione.
3.Qualora il subentrante non sia in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5, il termine per la presentazione della denuncia di inizio attività è stabilito, ai fini delle prescritte regolarizzazioni, in un anno a decorrere dalle date di cui al comma 2, pena la decadenza e salva proroga di cui al medesimo comma 2.
4.Il subentrante per causa di morte ha comunque la facoltà di continuare provvisoriamente l'attività del dante causa fino alla regolarizzazione prescritta ai sensi dei commi 2 e 3.
5.Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, è necessario che il dante causa sia lo stesso titolare dell'attività o il soggetto cui l'azienda sia stata trasferita dal titolare per causa di morte o per donazione e che il trasferimento dell'azienda avvenga entro i termini di cui ai commi 2 e 3. L'erede o il donatario, qualora privi dei requisiti richiesti per l'esercizio dell'attività, possono soltanto trasferire l'azienda in proprietà a un terzo soggetto.
6.Nei casi in cui sia avvenuto il trasferimento della gestione di un esercizio, la denuncia di inizio attività è valida fino alla data contrattuale in cui termina la gestione, e alla cessazione della medesima il titolare deve effettuare, ai fini del ritorno in disponibilità dell'azienda, la denuncia di inizio attività entro il termine di cui al comma 2, decorrente dalla data di cessazione della gestione.
Art. 73
 (Disposizioni per i distributori automatici)
1.L'installazione di distributori automatici per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, nel rispetto delle disposizioni igienico-sanitarie e sempre che l'esercente sia in possesso dei requisiti di cui agli articoli 5 e 7, è soggetta a denuncia di inizio attività.
2.La somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, mediante distributori automatici collocati in apposito locale a essa adibito in modo esclusivo, è soggetta ad autorizzazione ai sensi dell'articolo 70.
3.L'installazione di distributori automatici per la somministrazione di alimenti e bevande in un esercizio già autorizzato alla somministrazione o nelle sue immediate vicinanze, nonché nei locali non aperti al pubblico di cui all'articolo 21, comma 1, e di cui all'articolo 68, comma 3, lettere c), f) e h), è soggetta alla sola osservanza delle norme igienico-sanitarie e, in quanto applicabili, alle norme di pubblica sicurezza.
4.È vietata la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione mediante distributori automatici.
Art. 74
 (Orari)
1.Gli orari di apertura e di chiusura degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande sono stabiliti dai titolari nell'ambito della fascia oraria compresa fra le ore cinque e le ore tre del giorno successivo, con il solo limite minimo giornaliero di sette ore, da effettuarsi anche non consecutivamente.
2.Per gli esercizi di cui all'articolo 67, comma 1, lettera b), la fascia oraria di apertura è fissata dalle ore otto alle ore quattro del giorno successivo; nell'ambito di questa fascia oraria ai titolari è consentito scegliere un orario di apertura non inferiore alle cinque ore e non superiore alle dodici ore giornaliere, anche non consecutive.
3.Il titolare deve indicare l'orario di apertura praticato, mediante cartelli o altri adeguati supporti informativi, ben visibili al pubblico e collocati all'interno e all'esterno dei propri locali.
4.Per gli esercizi nei quali la somministrazione di alimenti e bevande venga effettuata congiuntamente all'attività di svago e intrattenimento, l'orario consentito per la somministrazione non può eccedere quello autorizzato per l'attività di intrattenimento e svago.
5.Il titolare può effettuare fino a due giornate di chiusura per riposo nel corso della settimana.
6.La chiusura temporanea dell'esercizio per più di trenta giorni consecutivi deve essere comunicata al Comune con almeno dieci giorni di anticipo, salvo quanto previsto all'articolo 28, comma 4.
Art. 75
 (Permanenza della clientela)
1.I clienti non possono accedere all'esercizio di somministrazione fuori dell'orario di apertura. Il titolare può tuttavia consentire loro di trattenersi nei locali fino a un massimo di un'ora dopo la chiusura.
Art. 76
 (Deroghe orarie)
1. Per comprovate esigenze di pubblico interesse ovvero qualora ne ricorra l'esigenza, i Comuni fissano liberamente la fascia oraria di apertura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 74.
2.I Comuni, in accordo con le rappresentanze locali degli operatori commerciali, artigiani, turistici e di servizi, delle associazioni di tutela dei consumatori e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative, promuovono le opportune iniziative affinché la chiusura degli esercizi per chiusura settimanale o per ferie avvenga con criteri di gradualità e di equilibrata distribuzione sul territorio, in modo da assicurare un soddisfacente livello di servizio ai consumatori.
Art. 77
 (Esclusioni)
1.Non sono soggette alle disposizioni in materia di orari:
a) le attività di somministrazione al domicilio del consumatore;
b) le attività di somministrazione negli esercizi annessi alle strutture ricettive, limitatamente alle prestazioni effettuate agli alloggiati;
c) le attività di somministrazione negli esercizi situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime e aeroportuali;
d) le attività di somministrazione effettuate nelle mense aziendali e negli spacci annessi ai circoli cooperativi, delle ONLUS e degli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno;
e) le attività di somministrazione esercitate in via diretta a favore dei propri dipendenti da amministrazioni, enti o imprese pubbliche;
f) le attività di somministrazione effettuate in scuole, in ospedali, in comunità religiose, in stabilimenti militari, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
g) le attività di somministrazione effettuate nei mezzi di trasporto pubblico;
h) le attività di somministrazione effettuate nelle aziende agricole.

Art. 78
 (Pubblicità dei prezzi)
1.I prezzi dei prodotti destinati alla somministrazione debbono essere resi noti al pubblico e alla clientela mediante appositi prospetti informativi esposti all'interno e all'esterno dei locali, con modalità facilmente comprensibili, anche per quanto concerne le voci aggiunte.
2.Qualora, nell'ambito dell'esercizio, sia effettuato il servizio al tavolo, il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima dell'ordinazione e deve inoltre indicare l'eventuale componente del servizio e ogni altra eventuale somma aggiuntiva.
TITOLO VI
 SANZIONI
CAPO I
 Disposizioni sanzionatorie in materia di attività commerciale e somministrazione
Art. 79
 (Disposizioni comuni)
1.Le sanzioni di cui alla presente legge sono applicate in base alle norme di cui alla legge regionale 17 gennaio 1984, n. 1 (Norme per l'applicazione delle sanzioni amministrative regionali), e successive modifiche.
2.Sussiste recidiva qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un anno solare, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione.
3.In caso di recidiva, il Comune dispone la sospensione dell'attività secondo quanto stabilito agli articoli 80, 81, 82 e 83, e, qualora l'attività venga svolta durante questo periodo di sospensione, la fattispecie è equiparata all'esercizio di attività senza la denuncia di inizio attività o senza la prescritta autorizzazione.
Art. 80
 (Sanzioni amministrative relative al commercio in sede fissa)
1.La violazione delle disposizioni in materia di requisiti soggettivi di cui agli articoli 5, 6, 7 e 10 è punita con una sanzione amministrativa da 1.600 euro a 10.000 euro.
2.La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 11, 12, 13, e 39, in materia di esercizio delle attività di vendita al dettaglio in sede fissa, è punita con una sanzione amministrativa da 1.600 euro a 10.000 euro. Nel caso di apertura degli esercizi commerciali senza la denuncia di inizio attività o senza la prescritta autorizzazione comunale, oltre alla sanzione suindicata, il Comune dispone l'immediata chiusura dell'attività. La vendita di prodotti non appartenenti al settore merceologico denunciato o autorizzato comporta la sanzione pecuniaria di cui sopra e il contestuale ordine di cessazione della vendita dei suddetti prodotti.
3.La violazione delle disposizioni in materia di forme speciali di vendita al dettaglio, di cui agli articoli 21, 22, 23, 24 e 25, è punita con una sanzione amministrativa da 1.600 euro a 10.000 euro.
4.La violazione delle disposizioni in materia di esercizio del commercio equo e solidale, di cui all'articolo 26, è punita con una sanzione amministrativa da 600 euro a 3.500 euro e con la revoca della denominazione e la chiusura dell'attività.
5.La violazione delle disposizioni in materia di regime degli orari delle attività di vendita al dettaglio in sede fissa, di cui agli articoli 28 e 29, è punita con una sanzione amministrativa da 1.500 euro a 5.000 euro, qualora la violazione sia imputabile a esercizi con superficie di vendita fino a metri quadrati 1.500 e a esercizi che vendono i generi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a); con una sanzione amministrativa da 3.500 euro a 9.000 euro per esercizi con superficie di vendita superiore a metri quadrati 1.500 e fino a metri quadrati 5.000; con una sanzione amministrativa da 5.000 euro a 15.000 euro per esercizi con superficie di vendita superiore a metri quadrati 5.000. Tali sanzioni sono aumentate fino al massimo di un terzo qualora la violazione di cui all'articolo 29, comma 9, sia commessa in un Comune classificato come località turistica ai sensi dell'articolo 30.
6.La violazione delle disposizioni in materia di pubblicità dei prezzi di cui all'articolo 32 è punita con una sanzione amministrativa da 600 euro a 3.500 euro.
7.La violazione delle disposizioni in materia di vendite straordinarie, di cui agli articoli 33, 34, 35, 36 e 37, è punita con una sanzione amministrativa da 600 euro a 3.500 euro.
8.La violazione delle disposizioni in materia di sospensione e cessazione dell'attività di cui all'articolo 38 è punita con una sanzione amministrativa da 300 euro a 3.000 euro.
9.I titoli autorizzativi concernenti gli esercizi di vendita al dettaglio sono revocati nei casi in cui il titolare:
a) non inizi l'attività di una media struttura di vendita entro un anno dalla data del rilascio ovvero entro due anni, qualora trattasi di una grande struttura di vendita, salvo proroga autorizzata in caso di comprovata necessità;
b) sospenda l'attività per un periodo superiore a dodici mesi in assenza dell'autorizzazione di cui all'articolo 38, comma 2, ovvero qualora alla scadenza del termine previsto dall'autorizzazione medesima non riattivi l'esercizio commerciale;
c) non risulti più provvisto dei requisiti di cui all'articolo 5;
d) commetta recidiva, come definita all'articolo 79, comma 2, nella violazione delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria.

10.È disposta la chiusura degli esercizi di vicinato e delle medie strutture di cui agli articoli 11 e 12, per le violazioni di cui al comma 9, lettere b), c) e d) del presente articolo. Nell'ipotesi di cui alla lettera d) del medesimo comma 9, si applica la sanzione accessoria dell'interdizione ad attivare un nuovo esercizio per un periodo compreso tra un minimo di sei e un massimo di dodici mesi.
11.In caso di recidiva, oltre all'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo, aumentate fino a un terzo, il Comune dispone la sospensione dell'attività di vendita per un periodo compreso tra cinque e venti giorni. Qualora l'attività venga svolta durante questo periodo di sospensione, la fattispecie è equiparata all'esercizio di attività senza la denuncia di inizio attività o senza la prescritta autorizzazione.
12.Nel caso di mancato rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro e degli accordi integrativi territoriali o aziendali, accertati dall'Autorità competente, oltre a una sanzione amministrativa da 1.500 euro a 5.000 euro, il Comune dispone la sospensione dell'attività di vendita per un periodo compreso tra un minimo di tre e un massimo di quindici giorni, qualora la violazione riguardi esercizi di vendita fino a metri quadrati 1.500.
13.Nel caso di mancato rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro e degli accordi integrativi territoriali o aziendali, accertati dall'Autorità competente, oltre a una sanzione amministrativa da 3.500 euro a 9.000 euro, il Comune dispone la sospensione dell'attività di vendita per un periodo compreso tra un minimo di cinque e un massimo di trenta giorni, qualora la violazione riguardi esercizi di vendita superiori a metri quadrati 1.500.
Art. 81
 (Sanzioni amministrative relative al commercio sulle aree pubbliche)
1.Chiunque eserciti il commercio sulle aree pubbliche senza l'autorizzazione di cui all'articolo 42, o fuori dal territorio previsto dalla autorizzazione stessa, ovvero senza i permessi di cui all'articolo 44, è punito con una sanzione amministrativa da 2.500 euro a 15.000 euro e con la confisca delle attrezzature e della merce.
2.Ai fini del comma 1:
a) si considera senza autorizzazione anche l'attività esercitata durante il periodo di sospensione disposto ai sensi del comma 6 e quella svolta fuori del territorio previsto dall'autorizzazione o in un posteggio diverso da quello assegnato;
b) non rientrano fra le attrezzature oggetto di confisca i veicoli utilizzati per il trasporto dei prodotti posti in vendita, anche se sostano nel posteggio.

3.Ogni altra violazione alle disposizioni del titolo III è punita con la sanzione amministrativa da 500 euro a 3.000 euro.
4.Con il regolamento di cui all'articolo 43, comma 1, i Comuni possono ridurre l'ammontare delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo fino al 50 per cento nel minimo e nel massimo, ferma restando la sanzione della confisca nei casi previsti dalla presente legge.
5.L'autorizzazione è revocata:
a) nel caso in cui il titolare non inizi l'attività entro sei mesi dalla data dell'avvenuto rilascio, salvo proroga in caso di comprovata necessità;
b) nel caso in cui il titolare non risulti più provvisto dei requisiti per l'esercizio dell'attività commerciale o di somministrazione;
c) nel caso in cui il titolare incorra in ulteriore violazione delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria dopo la sospensione dell'attività disposta ai sensi del comma 6;
d) nel caso in cui il titolare di autorizzazione di cui all'articolo 42, comma 3, decada dalla concessione del posteggio di cui all'articolo 49, commi 9 e 10;
e) nel caso in cui il titolare di autorizzazione di cui all'articolo 42, comma 4, sospenda l'attività per più di un anno, salvo proroga in caso di comprovata necessità.

6.In caso di recidiva il Comune dispone la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni.
Art. 82
 (Sanzioni amministrative relative alla stampa quotidiana e periodica)
1.Chiunque eserciti il commercio della stampa quotidiana e periodica senza l'autorizzazione di cui all'articolo 56 è soggetto alla sanzione amministrativa da 1.500 euro a 15.000 euro, nonché alla chiusura dell'esercizio.
2.Ogni altra violazione alle disposizioni di cui al titolo IV è punita con la sanzione amministrativa da 300 euro a 3.000 euro.
3.In caso di recidiva, oltre all'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo, aumentate fino a un terzo, il Comune dispone la sospensione dell'attività di vendita per un periodo compreso tra cinque e venti giorni. Qualora l'attività venga svolta durante questo periodo di sospensione, la fattispecie è equiparata all'esercizio di attività senza la denuncia di inizio attività o senza la prescritta autorizzazione.
Art. 83
 (Sanzioni amministrative relative alla somministrazione)
1.Chiunque eserciti l'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande senza l'autorizzazione o la comunicazione di cui all'articolo 70, oppure quando sia stata disposta la revoca dell'autorizzazione o la sospensione dell'attività, è soggetto alla sanzione amministrativa da 1.500 euro a 15.000 euro, nonché alla chiusura dell'esercizio.
2.Ogni violazione delle disposizioni in materia di orari di apertura e di chiusura degli esercizi di cui all'articolo 74, e di quelle in materia di pubblicità dei prezzi di cui all'articolo 78, è punita con la sanzione amministrativa da 600 euro a 3.500 euro.
3.La violazione delle disposizioni di cui al titolo V, diverse da quelle di cui ai commi 1 e 2, sono punite con una sanzione amministrativa da 300 euro a 3.000 euro.
4.L'autorizzazione è revocata nei casi in cui:
a) il titolare dell'autorizzazione, salvo proroga in caso di comprovata necessità, non attivi l'esercizio entro centottanta giorni dalla data del rilascio dell'autorizzazione, ovvero ne sospenda l'attività per un periodo superiore a dodici mesi;
b) il titolare dell'autorizzazione non sia più in possesso dei requisiti prescritti;
c) vengano meno le condizioni relative alla sorvegliabilità dell'esercizio, o quelle concernenti la loro conformità alle norme urbanistiche, sanitarie, di prevenzione incendi e di sicurezza. Al fine di consentire all'esercente di provvedere al ripristino dei requisiti mancanti, la revoca è preceduta da un provvedimento di sospensione dell'attività per una durata non inferiore a tre giorni e non superiore a novanta giorni, salvo proroga in caso di comprovata necessità;
d) venga meno l'effettiva disponibilità dei locali nei quali si esercita l'attività e non venga richiesta, da parte del titolare dell'attività, l'autorizzazione al trasferimento in una nuova sede nel termine di sei mesi, salvo proroga in caso di comprovata necessità;
e) il titolare non osservi i provvedimenti di sospensione dell'autorizzazione.

5.La proroga di cui al comma 4, lettere a), c) e d), non è concessa in caso di mancata presentazione delle richieste concernenti le autorizzazioni e abilitazioni igienico-sanitarie e le concessioni, autorizzazioni o abilitazioni edilizie, ovvero in caso di colpevole ritardo nell'avvio o nella conclusione delle opere di sistemazione edilizia dei locali.
6.Nei casi di recidiva, le sanzioni pecuniarie sono aumentate di un terzo e il Comune dispone la sospensione dell'attività per un periodo non superiore a trenta giorni.
7.Nei casi di recidiva reiterata le sanzioni pecuniarie sono raddoppiate ed è disposta la sospensione dell'attività per un periodo non superiore a tre mesi.
TITOLO VII
 MONITORAGGIO E SVILUPPO DELL'ATTIVITÀ COMMERCIALE
CAPO I
 Organismi operanti nel settore del commercio
Art. 84
 (Osservatorio regionale del commercio)
1.È istituito, quale organismo permanente, l'Osservatorio regionale del commercio con le seguenti funzioni:
a) monitorare la rete distributiva commerciale e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, anche con riferimento alla consistenza, alla modificazione e all'efficienza dei punti di vendita e di somministrazione, al commercio sulle aree pubbliche e alle altre forme di distribuzione, in coordinamento con l'Osservatorio nazionale costituito presso il Ministero delle Attività produttive;
b) monitorare l'andamento del mercato del lavoro nel settore commerciale in collaborazione con le rappresentanze sindacali, la situazione del mercato in collaborazione con le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e i CAT, nonché i consumi e l'andamento dei prezzi in collaborazione con le organizzazioni a tutela dei consumatori, le organizzazioni di categoria degli imprenditori del commercio e l'Osservatorio regionale dei prezzi e dei consumi;
c) esprimere i pareri di cui agli articoli 12, comma 3, 15, commi 3 e 4, e 19, comma 5;
d) verificare mediante riunioni bimestrali i monitoraggi di cui alle precedenti lettere a) e b), al fine di valutare le dinamiche evolutive delle grandi strutture di vendita.

2.L'Osservatorio regionale del commercio è composto dall'Assessore regionale alle attività produttive o da un suo sostituto, con funzioni di presidente, nonché dal Direttore centrale delle attività produttive o da un suo sostituto e dal Direttore centrale della pianificazione territoriale, mobilità e infrastrutture di trasporto o da un suo sostituto, che ne fanno parte di diritto.
3.Il collegio è integrato dai seguenti componenti, nominati ogni cinque anni con decreto del Presidente della Regione su conforme deliberazione giuntale:
a) un rappresentante dell'Associazione dei Comuni;
b) un rappresentante dell'Associazione delle Province;
c) quattro rappresentanti delle organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, maggiormente rappresentative;
d) un rappresentante delle associazioni di tutela dei consumatori;
e) un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, maggiormente rappresentative;
f) un rappresentante per ciascuna delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura della Regione;
g) un rappresentante delle organizzazioni della cooperazione.

4.Al fine dello svolgimento delle funzioni di cui al comma 1, lettera a), i Comuni trasmettono all'Osservatorio regionale del commercio la consistenza della rete distributiva e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, le modificazioni derivanti da nuove aperture, trasferimenti, ampliamenti, cessazioni, le variazioni di titolarità, i criteri e le condizioni di cui all'articolo 12, comma 4, e i Piani di settore di cui all'articolo 15.
5.La Regione, anche in collaborazione con i Comuni, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e i CAT, predispone un sistema informatizzato di rilevazione ed elaborazione dei dati necessari allo svolgimento della funzione di cui al comma 1, lettera b), ovvero provvede al monitoraggio mediante raccolta di atti cartacei o utilizzando sistemi informatizzati direttamente tramite convenzione, o già attivati presso altri organismi pubblici.
6.La Direzione centrale attività produttive assicura supporto tecnico e amministrativo all'Osservatorio regionale del commercio.
7.La mancata comunicazione dei dati, di cui ai commi 4 e 5, comporta per i Comuni inadempienti il divieto di rilasciare autorizzazioni per medie e grandi strutture di vendita, fino all'adempimento di tale obbligo.
Art. 85
 (Centri di assistenza tecnica alle imprese commerciali)
1.I CAT possono essere costituiti dalle organizzazioni di categoria degli operatori del commercio, del turismo e dei servizi, rappresentative a livello provinciale o regionale, cui aderiscano non meno di cinquecento imprese per le organizzazioni provinciali e non meno di duemila imprese per le organizzazioni regionali; l'adesione di non meno di cinquecento imprese a livello provinciale o non meno di duemila imprese a livello regionale alle associazioni costituenti il CAT va dichiarata annualmente alla Direzione centrale attività produttive con le stesse modalità con le quali le associazioni dichiarano la loro rappresentatività alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura in sede di rinnovo dei consigli delle stesse. La sussistenza di meno di cinquecento imprese iscritte a livello provinciale o di meno di duemila imprese iscritte a livello regionale comporta la revoca dell'autorizzazione di cui al comma 7. I CAT sono costituiti sotto forma di società per azioni, società a responsabilità limitata, o sotto forma di consorzi, operano a livello provinciale, ma possono anche consorziarsi tra loro per costituire uno o più Centri di coordinamento a livello regionale.
2.I CAT svolgono la loro attività per l'ammodernamento della rete distributiva a favore delle imprese del terziario, siano queste associate o meno alle organizzazioni di categoria, nelle seguenti materie:
a) formazione professionale degli operatori commerciali;
b) assistenza tecnica generale;
c) formazione e aggiornamento professionale;
d) aggiornamento in materia di innovazione tecnologica e organizzativa;
e) gestione economica e finanziaria dell'impresa;
f) accesso ai finanziamenti di qualsiasi tipo;
g) sicurezza e igiene dell'ambiente di lavoro;
h) gestione delle risorse umane;
i) sicurezza e tutela del consumatore;
j) tutela dell'ambiente;
k) formazione, promozione e sviluppo di nuova imprenditoria;
l) rapporti con le pubbliche amministrazioni;
m) certificazione di qualità, da acquisire secondo gli standard internazionali;
n) altre attività dirette a semplificare o a migliorare la qualità delle imprese e dei servizi prestati ai consumatori, anche attraverso l'organizzazione di elaborazioni di studi e progetti specifici.

3.Per il raggiungimento del migliore livello possibile nell'attività di assistenza, i CAT possono convenzionarsi con organismi pubblici o privati compresi i Consorzi garanzia fidi tra le piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizio, con società di consulenza o assistenza e con enti pubblici.
4.I CAT svolgono attività di assistenza a favore delle imprese, in forza di quanto disposto al comma 2, lettera n). Possono, inoltre, svolgere specifici servizi loro affidati dalle pubbliche amministrazioni attraverso convenzioni all'uopo stipulate. I CAT collaborano con l'Osservatorio regionale del commercio di cui all'articolo 84.
5.I CAT sono tenuti a fornire le loro prestazioni a tutte le imprese che le richiedano indipendentemente dalla loro appartenenza alle associazioni che li hanno costituiti.
6.I CAT esercitano la propria attività a titolo oneroso; possono tuttavia svolgere attività gratuite a favore di enti pubblici. Ai fini dell'autorizzazione regionale, qualunque sia la specifica forma societaria prescelta, un componente scelto tra gli iscritti nell'albo dei revisori contabili, designato dalla Giunta regionale, deve essere presente nel collegio sindacale e gli utili delle gestioni devono essere reinvestiti nelle attività di cui al comma 2, fatta salva la percentuale massima del 10 per cento che può essere distribuita ai soci. I CAT possono procedere alla loro organizzazione interna liberamente, garantendo comunque lo svolgimento delle attività di assistenza a favore di tutte le imprese del terziario che richiedessero dette attività.
7.La costituzione dei CAT è autorizzata dalla Regione su domanda presentata alla Direzione centrale attività produttive insieme con l'atto costitutivo, lo statuto e l'elenco dei soci. La Direzione centrale attività produttive, rilevato che l'atto costitutivo e lo statuto della società sono conformi alle norme di legge, emette l'autorizzazione. In caso di non conformità, la domanda e gli allegati vengono restituiti con atto motivato nel quale viene stabilito un termine inderogabile per la loro ripresentazione. Decorso inutilmente tale termine la domanda non può essere ripresentata per i successivi dodici mesi. Il provvedimento di autorizzazione viene pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione.
8.L'Amministrazione regionale può avvalersi dell'operato dei CAT per l'espletamento:
a) di attività istruttorie in materia di contributi, finanziamenti o provvidenze a favore delle piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizio;
b) delle funzioni di assistenza previste in materia di sportello unico;
c) delle attività di formazione, inclusi i corsi professionali abilitanti l'iscrizione al ruolo dei mediatori e degli agenti e rappresentanti di commercio, nonché tutti i corsi di formazione previsti dalla normativa di settore.

9.L'Amministrazione regionale, nelle proprie attività istruttorie, può avvalersi anche dei Centri di coordinamento tra i CAT e dei Consorzi garanzia fidi tra piccole e medie imprese commerciali e turistiche (CON.GA.FI.).
10.L'Amministrazione regionale è autorizzata a finanziare specifici programmi di informazione e assistenza generica gratuita nei confronti delle imprese del commercio, turismo e servizi riguardanti le attività attribuite dalla Regione Friuli Venezia Giulia; è autorizzata inoltre a finanziare la realizzazione di indagini, progetti, studi e ricerche nell'ambito regionale, riguardanti la consistenza della rete distributiva, la presenza turistica, la dinamica dei prezzi, la dinamica dei consumi e l'andamento dell'occupazione del settore terziario, nonché in materia di evoluzione del mercato distributivo e turistico.
CAPO II
 Aree urbane, locali storici e servizi di prossimità
Art. 86
 (Tutela, salvaguardia e valorizzazione delle aree urbane)
1.I Comuni predispongono progetti di valorizzazione delle aree urbane al fine di mantenere, rivitalizzare e incentivare lo sviluppo della loro rete commerciale, anche con la partecipazione di altri soggetti pubblici e privati.
2.I progetti di cui al comma 1 possono prevedere:
a) interventi di riqualificazione dei centri urbani consistenti in opere di urbanizzazione primaria, e di arredo urbano, con particolare riguardo alla realizzazione di parcheggi e infrastrutture che favoriscano la fruibilità dei centri urbani, e progetti integrati finalizzati alla valorizzazione, sostegno e sviluppo dell'economia;
b) interventi per l'abbattimento delle barriere architettoniche;
c) interventi edilizi di recupero di proprietà comunali tendenti al riuso di edifici dismessi anche per l'inserimento di nuove attività, per favorire un'adeguata presenza delle diverse tipologie distributive e merceologiche;
d) realizzazione di infrastrutture non permanenti, anche di copertura, volte alla valorizzazione dei centri storici e alla relativa fruibilità commerciale e turistica, nonché al servizio di centri di supporto per famiglie e di aree gioco;
e) realizzazione di servizi di trasporto gratuito all'interno dei centri urbani;
f) interventi di promozione dei servizi di prossimità nei centri urbani, nelle zone montane o rurali svantaggiate individuate dai Comuni, con particolare riguardo all'attivazione e al sostegno di esercizi polifunzionali;
g) interventi a sostegno delle attività di formazione, aggiornamento professionale e assistenza tecnica agli operatori, con possibile delega per la gestione diretta di tali attività ai CAT;
h) interventi per migliorare le caratteristiche delle insegne delle vetrine e gli elementi di arredo esterni dei negozi, nonché per classificare e valorizzare i locali storici;
i) interventi di promozione di marketing urbano e di programmazione delle manifestazioni e degli eventi connessi, con particolare riguardo alle iniziative che integrino l'offerta commerciale con quella turistica e culturale e a quelle a sostegno dei consumatori;
j) interventi diretti a favorire gli insediamenti commerciali destinati alle piccole e medie imprese.

3.Nella definizione delle priorità per la realizzazione dei progetti di cui al comma 1, nell'ambito dei finanziamenti previsti dai diversi strumenti normativi regionali, viene data priorità in primo luogo agli interventi oggetto di specifici accordi di programma finanziati sia con capitali pubblici che privati, in secondo luogo agli interventi oggetto di accordi di programma finanziati solo con capitali pubblici e, a seguire, ai progetti di cui al comma 1 che siano strutturati integrando gli interventi di riqualificazione urbana di cui al comma 2, lettera a), con uno o più altri interventi di cui al comma 2. In ogni caso ai progetti integrati viene garantita priorità rispetto ai progetti singoli.
Art. 87
 (Tutela, salvaguardia, valorizzazione e censimento dei locali storici)
1.L'Amministrazione regionale, in collaborazione con i Comuni, individua gli esercizi pubblici e commerciali con almeno sessanta anni di vita che abbiano valore storico, artistico, ambientale o che costituiscano testimonianza storica, culturale e tradizionale, e promuove la loro salvaguardia e valorizzazione.
2.La Giunta regionale adotta con propria deliberazione la scheda e la metodologia di rilevazione. Il censimento deve raccogliere, in particolare, dati e informazioni relativi a:
a) localizzazione e descrizione della sede e dell'attività;
b) inventario degli arredi e degli strumenti, e stato di conservazione;
c) datazione del locale e delle attività storicamente significative.

3.I Comuni, entro duecentoquaranta giorni dall'approvazione della deliberazione di cui al comma 2, deliberano:
a) una relazione tecnica, corredata di elaborati grafici e fotografici, che documenta l'esistenza di locali aventi le caratteristiche descritte al comma 1;
b) il censimento dei suddetti locali.

4.L'effettiva anzianità dell'esercizio, a prescindere dalla titolarità, è attestata dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o comprovata da altra idonea documentazione.
5.Le associazioni per la tutela dei locali storici, unitamente alle associazioni e istituti aventi la finalità della tutela del patrimonio culturale, possono indicare ai Comuni e alla Regione i locali meritevoli di essere censiti e collaborare alla formazione dei documenti di cui al comma 2.
6.I Comuni inviano copia della scheda di censimento alla Regione e alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio.
7.I Comuni provvedono a revisioni annuali del censimento.
8.Qualora entro il termine di cui al comma 3 il Comune non abbia provveduto al censimento dei locali storici, i titolari degli esercizi pubblici e commerciali, i proprietari dei locali o le associazioni culturali interessate alla tutela dei locali storici possono presentare al Comune i documenti di cui al comma 2, lettera a). Il Comune delibera in merito alla richiesta di censimento degli stessi entro trenta giorni dall'acquisizione della documentazione.
Art. 88
 (Interventi di tutela e valorizzazione)
1.I proprietari dei locali storici o gli aventi diritto presentano, ove previsto, il progetto degli interventi di tutela, restauro e valorizzazione dei locali al Comune, sulla base delle indicazioni contenute nella relazione di cui all'articolo 87, comma 2, lettera a), unitamente al preventivo di spesa.
2.Qualora i locali di cui al comma 1 siano stati dichiarati di interesse storico o artistico, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), la competenza ad approvare il progetto degli interventi di tutela, restauro e valorizzazione spetta alla competente Soprintendenza.
3.Il Comune, ricevuta l'approvazione della competente Soprintendenza nei casi previsti al comma 2, rilascia l'autorizzazione agli interventi e ne dà adeguata informazione alle associazioni interessate.
4.Spetta al Comune, d'intesa con la competente Soprintendenza nei casi di cui al comma 2, verificare la conformità degli interventi realizzati con quelli progettati e autorizzati. Tale conformità è vincolante ai fini della concessione dei contributi.
Art. 89
 (Promozione degli interventi di tutela e valorizzazione)
1.I Comuni, all'atto del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 88, comma 3, possono concedere un contributo fino ad un massimo del 50 per cento della spesa effettivamente sostenuta, e ne danno informazione alla Regione.
2.La Regione, sulla base di un proprio regolamento, concorre con un contributo sino al 30 per cento della spesa effettivamente sostenuta.
3.I finanziamenti sono concessi nel limite del regime di aiuto <<de minimis>>, come definito dalla normativa comunitaria.
Art. 90
 (Vincoli di destinazione d'uso)
1.I locali storici censiti per i quali siano stati concessi i finanziamenti di cui all'articolo 89 sono vincolati, per un periodo di dieci anni dalla data del provvedimento di concessione, al mantenimento della destinazione d'uso, dei caratteri salienti degli arredi, della conformazione degli spazi interni, delle vetrine e di ogni altro elemento di decoro, arredo e funzione, descritti nella relazione tecnica come meritevoli di tutela, in deroga all'articolo 32 della legge regionale 7/2000.
2.In caso di violazione del vincolo di destinazione il contributo è revocato ai sensi dell'articolo 49 della legge regionale 7/2000.
Art. 91
 (Attribuzione del marchio)
1.I locali storici censiti nella Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, si avvalgono, previa predisposizione della Regione, di un marchio da collocare all'esterno dell'esercizio e da utilizzare nella pubblicistica recante la dicitura, accompagnata da apposito <<logo>>, di <<Locale Storico del Friuli Venezia Giulia>>.
Art. 92
 (Partecipazione alle spese di censimento)
1.La Regione partecipa alla spesa sostenuta dai Comuni per l'effettuazione del censimento con un contributo sino al 50 per cento della spesa.
2.Con regolamento regionale sono stabiliti i criteri, le modalità e l'ammontare del contributo.
Art. 93
 (Servizi di prossimità)
1.Ai fini della presente legge, i Comuni predispongono regolamenti anche di natura urbanistica e provvedimenti di fiscalità locale al fine di promuovere lo sviluppo di servizi di prossimità nei centri urbani, nelle zone montane o rurali svantaggiate da essi individuate e sviluppano iniziative al fine di attivare e sostenere gli esercizi polifunzionali, secondo linee definite dalla Giunta regionale in armonia con la normativa comunitaria in materia di aiuti di stato. I Comuni promuovono e valorizzano, inoltre, attività di servizio agli utenti in collaborazione con gli operatori commerciali.
2.Per servizi di prossimità si intendono attività commerciali di vicinato, di somministrazione e di servizio, aventi rilevanza esclusivamente locale.
3.Per esercizi polifunzionali si intendono esercizi di vicinato e di media struttura, in cui l'attività commerciale può essere abbinata ad altri servizi di interesse collettivo, anche in convenzione con soggetti pubblici o privati.
4.La disciplina in materia di servizi di prossimità persegue la finalità di tutela del consumatore, in particolare delle fasce deboli, al fine di salvaguardare e sviluppare la diffusione di tali servizi sul territorio.
5.La Giunta regionale, con apposito regolamento, stabilisce modalità ed entità di finanziamenti volti a favorire la permanenza o l'apertura di esercizi commerciali di vendita al dettaglio, di vicinato o di media struttura nei Comuni montani con popolazione fino a 1.000 abitanti, anche direttamente realizzati dal Comune, singolarmente o in associazione, o mediante convenzioni apposite con gli esercenti l'attività commerciale in specie.
CAPO III
 Interventi di sostegno
Art. 94
 (Tipologia degli interventi agevolativi)
1.L'Amministrazione regionale favorisce gli investimenti delle micro, piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizio sia mediante l'accesso al credito a condizioni agevolate sia con la concessione di contributi in conto capitale, nel rispetto dei limiti fissati dall'Unione europea e dalle leggi statali vigenti in materia.
Art. 95
 (Finanziamenti agevolati a medio-lungo termine a favore delle imprese commerciali, turistiche e di servizio)
1.L'Amministrazione regionale è autorizzata a erogare al Mediocredito del Friuli Venezia Giulia SpA disponibilità finanziarie da destinare a contributi in conto interessi in forma attualizzata, per l'attivazione di finanziamenti a condizioni agevolate, della durata massima di quindici anni, anche con operazioni di locazione finanziaria immobiliare, nel rispetto dei limiti e dei principi stabiliti dal diritto comunitario, a favore delle micro, piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizio, per le esigenze connesse alla costruzione, all'acquisto e all'ammodernamento degli esercizi, dei magazzini, degli uffici e delle relative pertinenze e all'acquisto di beni strumentali all'attività esercitata.
2.I finanziamenti agevolabili con le disponibilità finanziarie derivanti dal comma 1 possono essere erogati anche da istituti bancari e da società di locazione finanziaria, allo scopo convenzionate con l'istituzione assegnataria dei fondi, che assumono a proprio carico i rischi di ciascuna operazione.
3.Con regolamento sono definiti i criteri, la procedura e le modalità per la concessione delle agevolazioni di cui ai commi 1 e 2, tenuto conto di quanto stabilito dall'articolo 47 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), e successive modifiche.
4.Per le operazioni di locazione finanziaria l'intervento agevolativo è attivato con l'erogazione di un contributo in conto canoni, determinato in misura equivalente al contributo in conto interessi spettante per una corrispondente operazione di finanziamento.
5.L'Amministrazione regionale è autorizzata a stipulare apposita convenzione con l'istituzione creditizia assegnataria dei fondi di agevolazione, nel rispetto della procedura e delle modalità di cui al comma 3, previa deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore alle attività produttive e dell'Assessore alle risorse economiche e finanziarie.
Note:
1Integrata la disciplina dell'articolo da art. 12 bis, comma 2, L. R. 4/2005
Art. 96
 (Finanziamenti agevolati a medio termine a favore delle imprese commerciali, turistiche e di servizio)
1.L'Amministrazione regionale è autorizzata a erogare al Mediocredito del Friuli Venezia Giulia SpA disponibilità finanziarie da destinare a contributi in conto interessi in forma attualizzata, per l'attivazione di finanziamenti a condizioni agevolate, della durata massima di cinque anni, nel rispetto dei limiti e dei principi stabiliti dal diritto comunitario, a favore delle micro, piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizio, per le esigenze connesse all'ammodernamento degli esercizi, dei magazzini e degli uffici e all'acquisto di beni strumentali all'attività esercitata, nonché al rafforzamento delle strutture aziendali.
2.I finanziamenti agevolabili con le disponibilità finanziarie di cui al comma 1 possono essere erogati anche da istituzioni bancarie allo scopo convenzionate con l'istituzione assegnataria dei fondi, che assumono a proprio carico i rischi di ciascuna operazione.
3.Con regolamento sono definiti i criteri, la procedura e le modalità per la concessione delle agevolazioni di cui ai commi 1 e 2, tenuto conto di quanto stabilito dall'articolo 47 del decreto legislativo 385/1993, e successive modifiche.
4.L'Amministrazione regionale è autorizzata a stipulare apposita convenzione con l'istituzione creditizia assegnataria dei fondi di agevolazione, nel rispetto della procedura e delle modalità di cui al comma 3, previa deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore alle attività produttive e dell'Assessore alle risorse economiche e finanziarie.
Note:
1Integrata la disciplina dell'articolo da art. 12 bis, comma 2, L. R. 4/2005
Art. 97
 (Ammissibilità alle agevolazioni)
1.L'Amministrazione regionale attribuisce al Comitato di gestione del Fondo speciale di rotazione a favore delle imprese commerciali, turistiche e di servizio del Friuli Venezia Giulia, di cui all'articolo 98, comma 5, le funzioni di organo competente a concedere le agevolazioni previste dagli articoli 95 e 96.
2.La Direzione centrale attività produttive può effettuare controlli a campione sulle iniziative ammesse.
Art. 98
 (Istituzione del Fondo speciale di rotazione a favore delle imprese commerciali, turistiche e di servizio del Friuli Venezia Giulia)
1.È istituito il Fondo speciale di rotazione a favore delle imprese commerciali, turistiche e di servizio del Friuli Venezia Giulia, di seguito denominato Fondo, a cui si applicano le disposizioni di cui alla legge 25 novembre 1971, n. 1041 (Gestioni fuori bilancio nell'ambito delle Amministrazioni dello Stato).
2.Le dotazioni del Fondo sono costituite dai conferimenti previsti dalla presente legge e possono essere alimentate da:
a) conferimenti di fondi ordinari della Regione;
b) conferimenti della Regione derivanti da operazioni finanziarie;
c) conferimenti dello Stato e di enti economici pubblici e privati;
d) rientri, anche anticipati, delle rate di ammortamento dei finanziamenti concessi;
e) interessi maturati sulle eventuali giacenze di tesoreria.

3.Le dotazioni del Fondo sono utilizzate per l'attivazione di finanziamenti a condizioni agevolate, della durata massima di quindici anni, nel rispetto dei limiti e dei principi stabiliti dal diritto comunitario, a favore delle micro, piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizio del Friuli Venezia Giulia.
4.Con regolamento sono determinate le misure dell'intervento ammissibile e dei tassi da applicare alle operazioni di finanziamento di cui al comma 3 e definiti i criteri, la procedura e le modalità d'intervento.
5.L'amministrazione del Fondo è affidata a un Comitato di gestione con sede presso il Mediocredito del Friuli Venezia Giulia SpA che assicura il supporto tecnico e organizzativo al Comitato medesimo, ai sensi del comma 14.
6.Il Comitato di gestione è nominato con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore alle attività produttive, ed è composto da:
a) il Presidente, scelto tra i nominativi indicati congiuntamente dalle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative del comparto commerciale;
b) tre componenti, scelti tra i nominativi indicati dalle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative del comparto commerciale;
c) due funzionari regionali designati, quali esperti, rispettivamente dall'Assessore alle attività produttive e dall'Assessore alle risorse economiche e finanziarie.

7.Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario dell'Istituto di credito di cui al comma 5.
8.Il Comitato di gestione dura in carica quattro anni e i suoi componenti possono essere riconfermati nel mandato per una sola volta.
9.Qualora nel corso del mandato si rendesse necessario sostituire uno o più componenti del Comitato, si provvede con le modalità indicate al comma 6, con effetto fino alla scadenza del quadriennio.
10.Al Presidente del Comitato è attribuita un'indennità mensile di carica e ai componenti un gettone di presenza giornaliero per la partecipazione alle sedute, determinati e aggiornati periodicamente secondo i criteri indicati nell'articolo 17 (Aggiornamento periodico delle indennità) della legge regionale 13 giugno 1988, n. 45.
11.Con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore alle risorse economiche e finanziarie e dell'Assessore alle attività produttive, sono emanate le direttive sull'utilizzo delle dotazioni finanziarie del Fondo, nonché sulle modalità di funzionamento del Comitato.
12.Gli oneri relativi al funzionamento del Comitato, ivi compresa l'indennità di carica e di presenza di cui al comma 10, fanno carico al Fondo.
13.La Giunta regionale esercita, attraverso la Direzione centrale risorse economiche e finanziarie, la vigilanza sulla gestione del Fondo.
14.L'Amministrazione regionale è autorizzata a stipulare apposita convenzione con il Mediocredito del Friuli Venezia Giulia SpA, per assicurare al Comitato di gestione un adeguato supporto tecnico e organizzativo nello svolgimento dei compiti d'istituto.
15.La convenzione di cui al comma 14 deve disciplinare le forme di assistenza tecnica e organizzativa e in particolare disciplinare le modalità e i termini di istruttoria delle pratiche relative alle domande di finanziamento, di concessione delle garanzie sui finanziamenti accordati, nonché le altre procedure connesse alle operazioni di finanziamento e alla gestione del Fondo. La medesima convenzione deve prevedere l'assolvimento dei compiti di cui ai commi 7 e 14 e fissare, in relazione all'attività prevista al comma 5, il compenso annuo da riconoscere a Mediocredito, a carico del Fondo.
16.La convenzione di cui al comma 14 viene stipulata dall'Assessore alle risorse economiche e finanziarie, previa deliberazione della Giunta regionale, su sua proposta concertata con l'Assessore alle attività produttive.
Note:
1Integrata la disciplina dell'articolo da art. 41 bis, comma 1, L. R. 4/2005
Art. 99
 (Prestito partecipativo)
1.L'Amministrazione regionale è autorizzata a concedere contributi a favore dei Consorzi garanzia fidi tra le imprese commerciali e turistiche del Friuli Venezia Giulia, per promuovere, mediante convenzioni con istituti di credito operanti nel Friuli Venezia Giulia, interventi diretti ad attivare prestiti partecipativi per la capitalizzazione o ricapitalizzazione delle imprese commerciali, turistiche e di servizio, per riequilibrarne o migliorarne la situazione finanziaria nei limiti degli interventi <<de minimis>>.
2.La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore alle attività produttive, determina le modalità di effettuazione degli interventi di cui al comma 1. Con regolamento regionale sono definiti i criteri, la procedura e le modalità per la concessione ed erogazione dei contributi di cui al comma 1.
Art. 100
 (Contributi per lo sviluppo del commercio elettronico, la certificazione di qualità, l'ammodernamento di immobili e impianti, l'acquisto di beni strumentali e l'introduzione di sistemi di sicurezza)
1.Le micro, piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizio, anche associate tra loro, inclusi i consorzi di aziende, possono ottenere contributi in conto capitale nella misura massima del 50 per cento della spesa ammissibile per l'effettuazione di programmi d'intervento riguardanti:
a) investimenti in hardware e software per la creazione di siti web orientati al commercio elettronico;
b) investimenti per l'acquisto di hardware per la creazione di un servizio di providing o hosting a supporto del commercio elettronico;
c) investimenti in hardware e tecnologie rivolti al miglioramento dei sistemi di sicurezza della connessione alla rete Internet;
d) investimenti per la costituzione di Secure Payment System attraverso convenzioni con istituti bancari o gestori di carte di credito o di debito;
e) investimenti per la promozione del sito di commercio elettronico (shop-site);
f) investimenti per corsi di formazione, al netto delle eventuali spese di trasferta, del personale destinato alla gestione, manutenzione, controllo dei siti orientati al commercio elettronico;
g) investimenti per la creazione di software prodotti interamente sul territorio regionale e finalizzati alla gestione del commercio elettronico;
h) interventi relativi all'introduzione dell'HACCP e alle procedure di rintracciabilità nelle aziende alimentari e di somministrazione di alimenti e bevande;
i) introduzione dei sistemi di qualità;
j) collegamento con i sistemi regionali di teleinformazione e teleprenotazione regionali;
k) acquisto di beni mobili, quali automezzi, macchine per la movimentazione delle merci, attrezzature, macchine d'ufficio e arredi;
l) introduzione di sistemi di sicurezza per contrastare gli atti criminosi, quali impianti di allarme, blindature, porte e rafforzamento serrature, installazione di telecamere antirapina e sistemi antifurto e antitaccheggio, vetri antisfondamento e antiproiettile, acquisto casseforti, nonché interventi similari; per tali investimenti il limite minimo di spesa ammissibile è ridotto a 1.500 euro.

2.I contributi non possono essere concessi in presenza di situazioni aziendali compromesse.
3.La destinazione dei beni per cui i contributi sono stati erogati deve essere mantenuta per almeno un biennio dalla data di erogazione del saldo.
4.Nel caso di cessione dell'azienda, o di un ramo della stessa al quale siano riferibili gli investimenti finanziati prima della scadenza del biennio di persistenza, i benefici possono essere confermati all'impresa subentrante qualora la stessa sia in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti per l'erogazione del contributo.
Art. 101
 (Assegnazione fondi)
1.L'assegnazione dei fondi per i contributi di cui all'articolo 100 è effettuata annualmente in via anticipata a favore dei CAT dalla Direzione centrale attività produttive.
2.Le imprese presentano ai CAT le domande di contributo che possono essere prefinanziate con idonea fidejussione, ai sensi dell'articolo 39, comma 2, della legge regionale 7/2000.
3.L'istruttoria, l'assegnazione e la liquidazione dei contributi sono effettuate dai CAT secondo le indicazioni formulate dalla Direzione centrale attività produttive.
4.Alle domande che non possono essere accolte per l'indisponibilità dei mezzi finanziari si applica l'articolo 33 della legge regionale 7/2000.
5.I CAT inviano trimestralmente alla Direzione centrale attività produttive una relazione sull'utilizzazione dei fondi assegnati e presentano il rendiconto delle spese sostenute entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di assegnazione dei fondi, fermi restando i controlli a campione da parte della Direzione centrale attività produttive.
Art. 102
 (Criteri e modalità di concessione dei contributi)
1.I criteri e le modalità di concessione dei contributi di cui all'articolo 100 sono definiti con regolamento regionale.
Art. 103
 (Misure a sostegno dei mercati agroalimentari all'ingrosso)
1.L'Amministrazione regionale, al fine di favorire la riqualificazione dei mercati agroalimentari all'ingrosso, può promuovere interventi di trasferimento, mantenimento, adeguamento alle normative di sicurezza e innovazione o ampliamento del patrimonio strutturale esistente, mediante la concessione di contributi in conto capitale o in conto interessi.
2.Destinatari dei contributi di cui al comma 1 sono i soggetti gestori dei mercati agroalimentari all'ingrosso.
Art. 104
 (Ulteriori misure di sostegno)
1.La Regione può prevedere l'esenzione da tributi regionali a sostegno delle attività di cui all'articolo 3, comma 2; per le medesime attività i Comuni possono stabilire particolari agevolazioni, fino alla totale esenzione, per i tributi di loro competenza.
2.Al fine di salvaguardare il servizio commerciale nelle aree urbane, rurali, montane e insulari, i Comuni possono stabilire particolari agevolazioni, fino all'esenzione, per i tributi e le altre entrate di rispettiva competenza, a sostegno delle attività di commercio esercitate in posteggi sulle aree pubbliche, effettuate su posteggi posti in Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e nelle zone periferiche dei centri urbani di maggiori dimensioni.
3.L'Amministrazione regionale è autorizzata a sostenere la realizzazione dei progetti predisposti dai Comuni per la tutela, salvaguardia e valorizzazione delle aree urbane di cui all'articolo 86, comma 2, lettere c), f), g), h), i) e j).
4.L'Amministrazione regionale è autorizzata a sostenere gli interventi di promozione e sviluppo dei servizi di prossimità di cui all'articolo 93.
5.La Regione annualmente con legge finanziaria determina le risorse da destinare rispettivamente agli interventi di cui ai commi 3 e 4.
Art. 105
 (Clausola valutativa)
1.La Giunta regionale, con scadenza triennale, informa il Consiglio regionale circa l'attuazione della presente legge, dando evidenza dei risultati ottenuti nel perseguimento delle finalità previste dall'articolo 1, comma 2, avuto riguardo agli obiettivi programmati e alle scelte di pianificazione effettuate, in termini di effetti prodotti dagli interventi realizzati sul sistema socio-economico regionale.
2.Sulla base del monitoraggio effettuato dall'Osservatorio regionale del commercio e delle altre indagini e studi eventualmente disposti, la Giunta, entro il 30 giugno dell'anno successivo al triennio di riferimento, presenta al Consiglio una documentata relazione riferita in particolare:
a) ai contenuti degli strumenti di programmazione adottati e al loro stato di attuazione con riguardo agli effetti attesi di riequilibrio, modernizzazione e sviluppo della rete distributiva e di contenimento dell'impatto territoriale e ambientale dei grandi insediamenti;
b) alle scelte adottate dai Comuni in materia di aperture e orari degli esercizi e alle eventuali diverse soluzioni che hanno contribuito alla valorizzazione delle specificità dei territori di riferimento, avuto riguardo alla dimensione provinciale e locale della disciplina;
c) agli interventi realizzati in favore delle zone montane e svantaggiate e ai cambiamenti prodotti in termini di sviluppo economico dei relativi territori; agli interventi di riqualificazione dei centri storici e urbani realizzati dai Comuni, alle iniziative di tutela degli esercizi di vicinato e all'integrazione fra produzione tipica e di qualità e commercializzazione dei prodotti, in termini di accrescimento dell'attrattività del commercio locale;
d) alle scelte effettuate in sede di regolamentazione dell'accesso agli incentivi previsti e alle preferenze espresse dalle imprese in termini di domanda, con indicazione dei dati quantitativi e qualitativi degli interventi ammessi a finanziamento; all'evoluzione della domanda rispetto alla situazione esistente al momento dell'entrata in vigore della presente legge;
e) agli incentivi erogati e ai servizi prestati alle imprese e alla rispettiva incidenza sulla competitività e stabilizzazione dell'attività commerciale, con riferimento al saldo fra entrate e uscite dal mercato, avuto riguardo alla tipologia e alla dimensione delle imprese beneficiarie, nonché sul livello dell'adozione da parte delle imprese di formule commerciali innovative;
f) all'andamento dei consumi, per tipologia merceologica, formula di vendita e tipo di somministrazione e ai cambiamenti riferibili: al miglioramento dei servizi, ivi compreso il regime di ampliamento delle aperture e del rapporto qualità-prezzo; alla realizzazione di nuove localizzazioni e formule commerciali attrattive degli acquirenti non residenti;
g) all'andamento del mercato del lavoro e agli effetti del regime delle aperture sull'occupazione, con indicazione su base provinciale dei dati relativi alle variazioni intervenute nelle tipologie dei contratti di lavoro;
h) alle criticità eventualmente emerse in fase di attuazione degli interventi, nel raffronto fra obiettivi programmati e obiettivi raggiunti, quali le possibili cause di scostamento, tenuto conto degli orientamenti espressi dagli operatori del settore, dai lavoratori, dai consumatori e dai cittadini circa l'efficacia delle risposte offerte ai loro bisogni.

3.La relazione è resa pubblica unitamente agli eventuali documenti del Consiglio regionale che ne concludono l'esame.
TITOLO VIII
 MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE 2/2002 (DISCIPLINA ORGANICA DEL TURISMO)
CAPO I
 Modifiche alla legge regionale 2/2002 (Disciplina organica del turismo)
Art. 106
 (Modifiche alla legge regionale 2/2002)
1.Al comma 1 dell'articolo 1 della legge regionale 16 gennaio 2002, n. 2 (Disciplina organica del turismo), le parole: <<l'organizzazione turistica>> sono sostituite dalle seguenti: <<l'organizzazione del sistema turistico>>.
2.
Il comma 2 dell'articolo 1 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<2.La Regione esercita funzioni di indirizzo e programmazione del sistema turistico regionale, provvede al coordinamento tra gli enti del settore, sostiene lo sviluppo del turismo regionale mediante l'erogazione di incentivi e svolge l'attività di vigilanza e controllo sull'Agenzia per lo sviluppo del turismo, di cui all'articolo 9.>>.

3.Dopo la lettera c) del comma 1 dell'articolo 5 della legge regionale 2/2002 è inserita la seguente:
<<c bis) Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;>>.

4.Al comma 1 dell'articolo 6 della legge regionale 2/2002 la parola: <<settore>> è sostituita dalla seguente: <<sistema>>.
5.
Il comma 2 dell'articolo 6 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<2.In conformità con le determinazioni di cui al comma 1, la Giunta regionale:
a) favorisce la promozione turistica;
b) verifica l'azione dei soggetti incaricati dell'attuazione dei programmi;
c) indirizza le attività degli Enti locali e dell'Agenzia di cui all'articolo 9 per favorire lo sviluppo del turismo;
d) promuove il coordinamento tra i soggetti operanti nel settore turistico, nonché l'aggregazione delle realtà turistiche consortili presenti sul territorio al fine di valorizzarne le dimensioni operative e competitive;
e) cura i rapporti anche mediante la predisposizione di progetti speciali con l'ENIT, con le altre Regioni italiane, con i Paesi dell'Unione europea e con altri enti e organismi operanti nel settore.>>.


6.
Dopo il comma 2 dell'articolo 6 della legge regionale 2/2002 è inserito il seguente:
<<2 bis.Per le finalità di cui al comma 2, lettera a), la Regione affida in concessione aree del demanio marittimo per finalità turistico-ricreative ai soggetti indicati all'articolo 7, comma 1. La concessione è rilasciata previa deliberazione della Giunta regionale.>>.

7.Al comma 3 dell'articolo 6 della legge regionale 2/2002 le parole: <<demaniali marittime per finalità turistico-ricreative>> sono sostituite dalle seguenti: <<di cui al comma 2 bis>>.
8.
Il comma 4 dell'articolo 7 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<4.La Regione può partecipare ai Consorzi turistici di cui all'articolo 36 direttamente o attraverso l'Agenzia di cui all'articolo 9.>>.

9.
L'articolo 8 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art 8
 (Concertazione)
1.Nella definizione delle politiche dell'Agenzia di cui all'articolo 9, l'Assessore regionale alle attività produttive attiva strumenti operativi di concertazione permanente ai quali partecipano rappresentanze delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane, delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nonché i rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e sindacali di categoria.
2.Alla concertazione permanente partecipano altresì rappresentanze dei Consorzi di cui all'articolo 36, delle società d'area di cui all'articolo 7, nonché delle cooperative, degli enti, degli istituti, delle associazioni, degli ordini professionali e di altri organismi che siano interessati, di volta in volta, alle singole materie trattate.
3.Le modalità della concertazione permanente sono definite con decreto dell'Assessore regionale alle attività produttive.>>.

10.
L'articolo 9 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 9
 (Agenzia per lo sviluppo del turismo)
1.È istituita l'Agenzia per lo sviluppo del turismo denominata <<Turismo Friuli Venezia Giulia>>, in seguito TurismoFVG, quale ente funzionale della Regione preposto alla programmazione, alla progettazione e all'indirizzo dello sviluppo del sistema turistico regionale, con particolare riguardo a:
a) promozione dell'immagine complessiva della regione attraverso il coordinamento dei diversi attori e operatori pubblici e privati del sistema turistico;
b) definizione e sviluppo del sistema di accoglienza turistica;
c) definizione di strategie volte all'incremento dei flussi turistici, alla destagionalizzazione e all'ampliamento dell'offerta turistica;
d) sviluppo delle azioni di promozione e incentivazione di strumenti di integrazione pubblico-privato.

2.La TurismoFVG, avente personalità giuridica, autonomia gestionale, patrimoniale, contabile e tecnica, ha sede legale in Villa Manin di Passariano, Comune di Codroipo, ed è sottoposta alla vigilanza e al controllo della Regione.
3.La TurismoFVG, per l'esercizio delle sue funzioni, e in particolare delle attività di coordinamento relative all'informazione e all'accoglienza turistica, si articola sul territorio regionale in sedi operative territoriali con competenza sugli ambiti territoriali individuati con provvedimento del Direttore generale della TurismoFVG. La responsabilità di ciascuna di tali sedi operative è affidata a un responsabile territoriale.>>.

11.
L'articolo 10 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 10
 (Competenze della TurismoFVG)
1.Alla TurismoFVG sono attribuiti compiti di pianificazione e progettazione strategica dello sviluppo turistico del Friuli Venezia Giulia, di progettazione e coordinamento dello sviluppo del sistema turistico del territorio e dell'offerta turistica regionale, di gestione e coordinamento delle azioni di marketing turistico, di organizzazione del sistema di accoglienza turistica.
2.In particolare, nel quadro delle funzioni generali di cui al comma 1, la TurismoFVG opera nei seguenti ambiti di azione:
a) promozione del prodotto turistico regionale:
1) definisce gli obiettivi strategici di sviluppo turistico, le politiche di promozione e realizzazione del prodotto turistico;
2) cura la creazione e la diffusione dell'immagine coordinata turistica della regione anche organizzando azioni promozionali e curando la pubblicità turistica regionale;
3) definisce, in collaborazione con l'Amministrazione regionale, la politica di marketing turistico regionale e la realizza con azioni mirate dirette e indirette;
4) nell'ambito delle politiche di marketing turistico e dello sviluppo economico promuove il prodotto regionale agroalimentare di qualità e le manifestazioni ad esso correlate;
b) accoglienza-informazione turistica:
1) coordina e promuove le attività di informazione e assistenza al turista anche con azioni dirette in occasione di eventi e in relazione a località di interesse strategico per la regione nel suo complesso;
2) cura la gestione di uno sportello per la tutela del turista;
3) definisce i livelli di qualità del sistema regionale di accoglienza e di informazione turistica;
4) opera per la diffusione della cultura dell'accoglienza e dell'ospitalità turistica;
c) sviluppo turistico-territoriale:
1) cura la raccolta e l'elaborazione di dati statistici concernenti il movimento turistico nell'ambito territoriale di competenza delle sedi operative territoriali;
2) fornisce all'Amministrazione regionale gli strumenti tecnici necessari alla formulazione della politica turistica regionale, individuando l'esatto profilo turistico delle risorse esistenti sul territorio e tracciando le relative linee di sviluppo;
3) cura, in collaborazione con le Province, i Comuni, le Comunità montane e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, lo sviluppo sostenibile del territorio verso un turismo responsabile;
4) cura l'identificazione dei bisogni del settore e contribuisce alla diffusione dell'informazione al fine di orientare gli interventi degli operatori secondo le nuove linee del mercato;
5) contribuisce alla definizione delle politiche e dei programmi di formazione professionale degli operatori del settore anche attraverso azioni formative dirette;
6) assicura lo sviluppo e la crescita economica delle imprese turistiche regionali, promuovendone il costante ammodernamento dell'offerta anche fornendo servizi di carattere generale per facilitare l'incontro tra domanda e offerta.

3.A tal fine la TurismoFVG può operare anche mediante organismi associativi, organizzazioni pubbliche e private appositamente costituite, società, università e istituti di ricerca.>>.

12.
L'articolo 11 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 11
 (Organi)
1.Sono organi della TurismoFVG:
a) il Direttore generale;
b) il Comitato strategico di indirizzo;
c) il Collegio dei revisori contabili.>>.


13.
L'articolo 12 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 12
 (Il Direttore generale)
1.Il Direttore generale ha la rappresentanza legale della TurismoFVG ed è responsabile del raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Giunta regionale e della gestione della TurismoFVG.
2.Il Direttore generale svolge, in particolare, le seguenti funzioni:
a) adotta il bilancio annuale e pluriennale di previsione e il rendiconto generale;
b) adotta il Piano strategico e il Piano operativo annuale e redige la relazione sulla gestione;
c) ha la rappresentanza in giudizio della TurismoFVG con facoltà di conciliare e transigere;
d) adotta il regolamento concernente l'ordinamento, l'assetto organizzativo, il funzionamento e le prestazioni esterne della TurismoFVG;
e) dirige la struttura assicurandone la funzionalità;
f) provvede alla gestione del personale, compresa la definizione della pianta organica e la stipula dei contratti di lavoro, anche integrativi, con i lavoratori dipendenti dalla TurismoFVG quale datore di lavoro e provvede alla nomina dei responsabili territoriali di cui all'articolo 9, comma 3, e dei responsabili di settore;
g) trasmette alla Direzione centrale attività produttive, per il successivo inoltro alla Giunta regionale, gli atti soggetti al controllo.>>.


14.
L'articolo 13 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 13
 (Incarico)
1.Il Direttore generale è nominato con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale alle attività produttive.
2.Il Direttore generale è scelto tra dirigenti pubblici o privati, in possesso di diploma di laurea, che abbiano svolto attività dirigenziali per almeno cinque anni in settori attinenti l'ambito operativo della TurismoFVG in enti, associazioni o società pubbliche o private del comparto turistico.
3.Il rapporto di lavoro del Direttore generale è regolato da contratto di diritto privato di durata massima quinquennale. La Giunta regionale determina i contenuti del contratto, ivi comprese le clausole risolutive del rapporto, nonché il trattamento economico; il trattamento economico va determinato prevedendo una retribuzione fissa, avuto riguardo ai livelli economici previsti per i Direttori generali delle Aziende per i servizi sanitari, e una parte variabile da corrispondere in relazione al conseguimento degli obiettivi fissati dalla Giunta medesima.
4.Il conferimento dell'incarico di Direttore generale a dipendenti della Regione determina il loro collocamento in aspettativa senza assegni per tutto il periodo dell'incarico; il servizio prestato in forza del contratto a tempo determinato è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza e dell'anzianità di servizio. Il conferimento dell'incarico a soggetti provenienti da altre pubbliche amministrazioni è subordinato al loro collocamento in aspettativa o fuori ruolo da parte dell'ente di appartenenza, secondo il relativo ordinamento.
5.Il soggetto cui sia conferito l'incarico di Direttore generale non può rivestire cariche pubbliche elettive ovvero cariche in partiti politici o in associazioni sindacali e di categoria e avere incarichi direttivi o rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con i predetti organismi.>>.

15.
Dopo l'articolo 13 della legge regionale 2/2002 è inserito il seguente:
<<Art. 13 bis
 (Comitato strategico di indirizzo)
1.Al Comitato strategico di indirizzo spettano i poteri di definizione degli indirizzi strategici della TurismoFVG.
2.Sono componenti di diritto del Comitato strategico di indirizzo l'Assessore regionale alle attività produttive in carica, che ne presiede le sedute, il Direttore generale della TurismoFVG e il Direttore della Direzione centrale attività produttive.
3.Del Comitato strategico di indirizzo fanno altresì parte:
a) quattro componenti designati rispettivamente dalle Province, dai Comuni, dalle Comunità montane e dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
b) quattro componenti designati rispettivamente dalle principali organizzazioni imprenditoriali di categoria nei settori del commercio e turismo, dell'industria, dell'artigianato e dell'agricoltura;
c) un rappresentante designato dall'Associazione fra le Pro-loco del Friuli Venezia Giulia;
d) un rappresentante designato da ciascun Comitato strategico d'ambito di cui all'articolo 14;
e) un rappresentante designato dai Consorzi turistici di cui all'articolo 36.

4.I componenti di cui al comma 3, lettere a) e b), sono designati in sede di concertazione permanente ai sensi dell'articolo 8.
5.Il Comitato strategico di indirizzo esprime il proprio parere:
a) sulle politiche di sviluppo turistico d'ambito e del territorio regionale;
b) sulle attività formative rivolte agli operatori turistici regionali;
c) sulle linee strategiche per la concessione dei contributi in materia di turismo.>>.


16.
L'articolo 14 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 14
 (Comitati strategici d'ambito)
1.In ciascuno degli ambiti territoriali di cui all'articolo 9, comma 3, sono istituiti i Comitati strategici d'ambito, con il compito di coordinare e definire le proposte e i programmi per la politica turistica d'ambito, di cui fanno parte:
a) cinque componenti designati da un'apposita assemblea dei Sindaci dei Comuni compresi nell'ambito territoriale di riferimento e scelti tra gli stessi ovvero tra amministratori comunali del medesimo ambito territoriale;
b) quattro componenti designati rispettivamente dalle principali organizzazioni imprenditoriali di categoria nei settori del commercio e turismo, dell'industria, dell'artigianato e dell'agricoltura;
c) tre componenti designati congiuntamente dai Consorzi turistici e dalle società d'area più rappresentativi, in termini di volumi di affari, operanti nell'ambito territoriale di riferimento;
d) il responsabile territoriale.

2.L'assemblea di cui al comma 1, lettera a), è convocata dal Sindaco del Comune demograficamente più rappresentativo.
3.Il Comitato è convocato con cadenza almeno semestrale dal responsabile territoriale.>>.

17.
L'articolo 15 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 15
 (Il Collegio dei revisori contabili)
1.Il Collegio dei revisori contabili è composto da tre componenti effettivi e due supplenti, iscritti nel registro dei revisori contabili previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88 (Attuazione della direttiva n. 84/253/CEE relativa all'abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili), e successive modifiche.
2.I componenti del Collegio dei revisori contabili sono nominati con decreto del Presidente della Regione, anche tra dipendenti regionali, previa designazione con deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale alle attività produttive.
3.Il Collegio dei revisori contabili resta in carica tre anni. I componenti decadono in caso di assenza ingiustificata a due riunioni consecutive.
4.Il Collegio dei revisori contabili esercita funzioni di controllo e, in particolare, svolge i seguenti compiti:
a) verifica la regolare tenuta della contabilità e la corrispondenza del rendiconto generale alle risultanze delle scritture contabili;
b) esprime parere sul bilancio di previsione annuale e pluriennale;
c) accerta almeno ogni trimestre la consistenza di cassa e può chiedere notizie al Direttore generale.

5.I revisori possono, in qualsiasi momento, procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo.
6.Il Presidente del Collegio dei revisori contabili ha l'obbligo, qualora riscontri gravi irregolarità nella gestione, di riferirne immediatamente alla Giunta regionale, tramite l'Assessore regionale alle attività produttive.
7.La Giunta regionale determina i compensi e i rimborsi spese dei componenti del Collegio ai sensi della normativa regionale vigente.>>.

18.
L'articolo 17 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 17
 (Dotazioni finanziarie)
1.Costituiscono fonte di finanziamento della TurismoFVG:
a) una quota annuale per le spese di funzionamento e attività determinata in sede di approvazione della legge finanziaria regionale;
b) i proventi derivanti dalla gestione delle proprie attività;
c) gli ulteriori finanziamenti previsti dal bilancio regionale;
d) i finanziamenti finalizzati dallo Stato per le attività svolte nel settore turistico;
e) i finanziamenti dell'Unione europea, nonché di altri organismi nazionali e internazionali e istituzioni pubbliche per la realizzazione di progetti specifici nell'ambito delle materie di competenza;
f) eventuali lasciti, donazioni e finanziamenti di privati ed enti pubblici.>>.


19.
L'articolo 20 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 20
 (Gestione economica e patrimonio)
1.La TurismoFVG ha un bilancio proprio e applica un apposito regolamento regionale di contabilità. Nelle more dell'emanazione di tale regolamento, la TurismoFVG applica il regolamento per l'amministrazione del patrimonio e la contabilità degli enti e organismi funzionali della Regione, secondo il proprio ordinamento.
2.Con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, su proposta congiunta dell'Assessore regionale alle risorse economiche e finanziarie e dell'Assessore regionale alle attività produttive, sono individuati i beni mobili e immobili, materiali e immateriali del patrimonio regionale da attribuire alla disponibilità, alla gestione diretta e indiretta e alla vigilanza della TurismoFVG.>>.

20.
L'articolo 21 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 21
 (Vigilanza e controllo)
1.La Regione, nei confronti della TurismoFVG, esercita le seguenti funzioni:
a) nomina gli organi;
b) definisce gli indirizzi per l'assetto organizzativo e approva la pianta organica;
c) definisce gli indirizzi per lo sviluppo delle attività istituzionali e gli obiettivi di gestione;
d) definisce l'assetto contabile della TurismoFVG con il regolamento di cui all'articolo 20, comma 1;
e) adotta ogni altro provvedimento necessario a garantirne la funzionalità;
f) esercita attività di vigilanza e controllo;
g) esprime parere preventivo e vincolante in merito alla nomina, da parte del Direttore generale, dei responsabili territoriali, nonché di quelli di settore di cui all'articolo 12, comma 2, lettera f).

2.Sono soggetti all'approvazione della Giunta regionale i seguenti atti:
a) il bilancio di previsione annuale e pluriennale e il rendiconto generale;
b) il piano strategico e il piano operativo annuale;
c) il regolamento concernente l'ordinamento, l'assetto organizzativo, il funzionamento e le prestazioni esterne;
d) il provvedimento di individuazione degli ambiti territoriali di cui all'articolo 9, comma 3.

3.Gli atti di cui al comma 1 sono trasmessi entro quindici giorni dalla loro adozione alla Direzione centrale attività produttive che, entro trenta giorni dal ricevimento, ne cura l'istruttoria e provvede a trasmetterli, corredati della relativa proposta motivata e di eventuali pareri, alla Giunta regionale per l'approvazione.
4.La Giunta regionale approva gli atti di cui al comma 2 entro venti giorni dal ricevimento. Trascorso inutilmente tale termine gli atti diventano esecutivi.
5.Il termine di trenta giorni di cui al comma 3 è interrotto per una sola volta per l'acquisizione di ulteriori elementi istruttori; in tal caso il termine decorre dal momento della ricezione degli atti richiesti.
6.Gli atti di cui al comma 2, lettera a), sono trasmessi alla Direzione centrale risorse economiche e finanziarie per il parere di competenza.
7.Il Direttore generale adegua il provvedimento alle indicazioni della Giunta regionale entro venti giorni dalla ricezione della relativa deliberazione.>>.

21.
L'articolo 22 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 22
 (Personale della TurismoFVG)
1.La TurismoFVG opera con personale assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato cui si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del settore merceologico del turismo.
2.La TurismoFVG può ricorrere a consulenze professionali, a collaborazioni esterne, ad assunzioni con contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato ovvero ad altre forme di lavoro flessibile.
3.La TurismoFVG può operare altresì con personale regionale collocato in posizione di comando, nel limite massimo di sessanta unità, anche in deroga ai limiti temporali di cui all'articolo 45 della legge regionale 31 agosto 1981, n. 53 (Stato giuridico e trattamento economico del personale della Regione Friuli - Venezia Giulia).
4.L'assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato, ai sensi del comma 1, di dipendenti della Regione determina il loro collocamento in aspettativa senza assegni per tutto il periodo del contratto; il servizio prestato in forza del contratto a tempo determinato è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza e dell'anzianità di servizio.>>.

22.Al comma 1 dell'articolo 24 della legge regionale 2/2002 le parole : <<Le AIAT possono istituire IAT>> sono sostituite dalle seguenti: <<La TurismoFVG può istituire Uffici di informazione e accoglienza turistica (IAT)>> e le parole: <<, previo nullaosta della Giunta regionale>> sono soppresse.
23.Al comma 3 dell'articolo 24 della legge regionale 2/2002 le parole <<del personale del comparto unico del pubblico impiego regionale e locale del Friuli Venezia Giulia, istituito ai sensi dell'articolo 127 della legge regionale 9 novembre 1998, n. 13, e>> sono soppresse.
24.
Il comma 4 dell'articolo 24 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<4.La TurismoFVG sovrintende al funzionamento degli IAT e coordina le azioni dei soggetti che concorrono alle attività di informazione e accoglienza turistica garantendone l'uniformità anche sotto il profilo dell'immagine turistica regionale.>>.

25.
Il comma 2 dell'articolo 25 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<2.I Comuni, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 24, svolgono in via esclusiva le funzioni di informazione e accoglienza turistica tramite l'istituzione di sportelli informativi denominati <<TurismoFVG>>. I Comuni inoltre svolgono:
a) attività di promozione turistica delle località situate nel territorio di competenza;
b) attività di promozione e di gestione di attività economiche turistiche di interesse regionale in ambito locale, mediante la partecipazione alle società d'area di cui all'articolo 7;
c) promozione e commercializzazione dell'offerta turistica regionale e locale mediante la partecipazione ai Consorzi turistici di cui all'articolo 36;
d) attività di tutela, di informazione e di accoglienza del turista mediante l'istituzione di IAT nel territorio di competenza.>>.


26.Alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 28 della legge regionale 2/2002 sono aggiunte, in fine, le parole: <<di data antecedente di almeno tre anni rispetto a quella della richiesta di iscrizione durante i quali abbiano svolto documentata attività>>.
27.
Il comma 2 dell'articolo 56 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<2.Il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio delle strutture ricettive alberghiere di cui all'articolo 64, commi 3, 4, 5 e 6, nonché delle strutture ricettive all'aria aperta, è subordinato alla loro classificazione. Non sono classificabili le strutture prive dei requisiti minimi qualitativi di cui agli allegati A e B, facenti parte integrante della presente legge.>>.

28.Alla rubrica dell'articolo 57 della legge regionale 2/2002 sono aggiunte, in fine, le parole: <<- Certificazione di qualità>>.
29.Al comma 1 dell'articolo 57 della legge regionale 2/2002 le parole: <<dai Comuni>> sono sostituite dalle seguenti: <<da una commissione formata dal Comune e dall'associazione di categoria ove rappresentata>>.
30.
Il comma 3 dell'articolo 57 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<3.Le strutture ricettive e le case e appartamenti per vacanze, che hanno ottenuto la relativa classificazione-certificazione di qualità prima della scadenza del termine di cui al comma 2, conservano la classificazione-certificazione di qualità per la frazione residua del quinquennio in corso.>>.

31.Alla rubrica dell'articolo 58 della legge regionale 2/2002 sono aggiunte, in fine, le parole: <<e certificazione di qualità>>.
32.
L'articolo 59 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 59
 (Variazione delle strutture ricettive)
1.I titolari e i gestori delle strutture ricettive e delle case e appartamenti per vacanze sono tenuti a denunciare al Comune, entro trenta giorni dal verificarsi, le variazioni apportate o intervenute, anche se dette variazioni non comportano una diversa classificazione-certificazione di qualità o autorizzazione.>>.

33.
L'articolo 83 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<Art. 83
 (Definizione)
1.Sono case e appartamenti per vacanze le unità immobiliari ricettive composte da uno o più locali arredati e dotati di servizi igienici e di cucina autonoma, destinate ad essere concesse in locazione ai turisti nel corso di una o più stagioni, con contratti aventi validità non superiore a cinque mesi consecutivi, senza offerta di servizi centralizzati tipici delle strutture ricettive turistiche e senza somministrazione di alimenti e bevande.
2.La locazione delle case e appartamenti per vacanze è subordinata alla dichiarazione al Comune del possesso dei requisiti oggettivi previsti dalla presente legge ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa). I Comuni provvedono ai controlli, ai sensi dell'articolo 71 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, almeno nel limite minimo del 2 per cento delle dichiarazioni presentate. La dichiarazione di cui al presente articolo costituisce il provvedimento di classificazione-certificazione di qualità.
3.Ai proprietari locatori di meno di tre alloggi per vacanze nel medesimo comune non si applicano le disposizioni inerenti la classificazione-certificazione di qualità.>>.

34.Alla rubrica dell'articolo 84 della legge regionale 2/2002 sono aggiunte, in fine, le parole: <<- Certificazione di qualità>>.
35.Al comma 1 dell'articolo 84 della legge regionale 2/2002 dopo la parola: <<classificati>> sono aggiunte le seguenti: <<e certificati>>.
36.
Il comma 1 dell'articolo 94 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<1.Ai fini della rilevazione statistica, i gestori delle strutture ricettive e delle case e appartamenti per vacanze sono obbligati a comunicare giornalmente il movimento degli ospiti alla Direzione centrale attività produttive o al soggetto dalla stessa incaricato ed eventualmente ai Comuni competenti per territorio, su appositi moduli ISTAT.>>.

37.
Il comma 3 dell'articolo 100 della legge regionale 2/2002 è sostituito dal seguente:
<<3.L'inosservanza delle disposizioni in materia di classificazione e certificazione di qualità delle strutture ricettive e delle case e appartamenti per vacanze comporta l'applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa da lire 500.000 a lire 5.000.000. In caso di reiterata violazione, per le strutture ricettive di cui al comma 1 può essere disposta la sospensione dell'attività per un periodo non inferiore a sette giorni e non superiore a novanta, e la revoca dell'autorizzazione.>>.

38.Al comma 2 dell'articolo 108 della legge regionale 2/2002 le parole: <<alle AIAT o ai>> sono sostituite dalle seguenti: <<alla TurismoFVG ed eventualmente ai>>.
39.Al comma 1 dell'articolo 174 della legge regionale 2/2002 le parole: <<Direzione regionale del commercio, del turismo e del terziario>> sono sostituite dalle seguenti: <<Direzione centrale attività produttive>>.
40.Alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 174 della legge regionale 2/2002 le parole: <<iniziative di promozione turistica>> sono sostituite dalle seguenti: <<iniziative promozionali nei settori di competenza della Direzione centrale>>.
41.Con decorrenza dal 1 gennaio 2006 fanno carico al capitolo corrispondente al capitolo 9188 del documento tecnico allegato al bilancio pluriennale 2005-2007 e al bilancio per l'anno 2005, gli oneri relativi agli interventi di cui alle seguenti disposizioni:
a) articolo 2, comma 4, della legge regionale 24 maggio 2004, n. 16;
b) articolo 22, commi 11 e 12, della legge regionale 22 aprile 2002, n. 12;
c) articolo 53 della legge regionale 12/2002;
d) articolo 8, comma 25, della legge regionale 25 gennaio 2002, n. 3;
e) articolo 10, comma 2, della legge regionale 19 aprile 1999, n. 8;
f) articolo 184, comma 1, della legge regionale 28 aprile 1994, n. 5;
g) articoli 2 e 4 bis della legge regionale 23 agosto 1982, n. 63;
h) articoli 1 e 2 della legge regionale 28 ottobre 1980, n. 58;
i) articolo 8 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1.

42.Alla rubrica del punto 3 della lettera C1 dell'allegato C alla legge regionale 2/2002 le parole: <<struttura ricettiva>> sono sostituite dalle seguenti: <<unità immobiliare>>.
43.Il punto 5 della lettera C1 dell'allegato C è sostituito dal seguente: <<5. ARREDAMENTO: prevalentemente su misura 4; di serie 0>>.
44.Il punto 6 della lettera C1 dell'allegato C è sostituito dal seguente: <<6. ATTREZZATURA: nuova 4, meno di tre anni 3, più di tre anni 1>>.
45.Il punto 7 della lettera C1 dell'allegato C è abrogato.
46.Al punto 8 della lettera C1 dell'allegato C sono aggiunte le seguenti parole: <<impianti di climatizzazione 4>>.
47.Al punto 9 della lettera C1 dell'allegato C le parole: <<aria condizionata 1>> sono soppresse.
CAPO II
 Disposizioni transitorie e finali
Art. 107
 (Disposizioni transitorie)
1.Il Direttore generale della TurismoFVG è nominato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente articolo.
2.Entro quindici giorni dall'entrata in vigore del presente articolo, con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale alle attività produttive, è nominato un Commissario straordinario incaricato di provvedere all'adozione degli atti amministrativi e gestionali necessari a garantire senza interruzioni il perseguimento delle finalità di pubblico interesse in campo turistico che attualmente sono in capo alle AIAT, nelle more della nomina del Direttore generale della TurismoFVG, e in particolare:
a) all'adozione di un bilancio di previsione consolidato per l'anno 2006 sulla base dei bilanci di previsione per l'anno 2006 adottati dai direttori delle AIAT, che funge da bilancio di previsione della TurismoFVG;
b) alla gestione del medesimo sino alla preposizione del Direttore generale.

3.Il Commissario si avvale di uno o più Vicecommissari, nominati con la procedura di cui al comma 2, cui può delegare compiti e funzioni riferiti alla gestione delle AIAT e alla liquidazione delle medesime. Il provvedimento di nomina determina l'indennità mensile di carica del Commissario e dei Vicecommissari, nonché la data di subentro dei medesimi al posto dei direttori delle AIAT.
4.Il Commissario straordinario svolge altresì le funzioni di Commissario liquidatore delle AIAT e provvede pertanto alla liquidazione delle medesime secondo le direttive impartite dal presente articolo e dalla Giunta regionale.
5.In particolare, entro sessanta giorni dalla nomina, i Commissari provvedono a:
a) predisporre lo stato di consistenza dei beni mobili e immobili in uso o in proprietà delle AIAT;
b) predisporre un documento tecnico relativo alla situazione finanziaria e patrimoniale delle AIAT;
c) predisporre la ricognizione dei rapporti giuridici attivi e passivi delle AIAT comprese le eventuali partecipazioni in società;
d) fornire alla Direzione centrale attività produttive gli elementi per l'accertamento dei residui attivi e passivi e la giacenza di cassa del bilancio consolidato AIAT per il 2006.

6.All'approvazione degli atti di cui ai commi 2, lettera a), e 5 provvede la Giunta regionale su proposta dell'Assessore regionale alle risorse economiche e finanziarie di concerto con l'Assessore regionale alle attività produttive.
7.Salvo quanto previsto dal comma 14, con la delibera di approvazione degli atti di cui al comma 5 la Giunta regionale individua, con riferimento a ciascuna AIAT, i rapporti attivi e passivi nella cui titolarità subentrano rispettivamente la TurismoFVG e l'Amministrazione regionale.
8.Le AIAT sono soppresse a decorrere dalla data di comunicazione alla TurismoFVG dell'avvenuta approvazione da parte della Giunta regionale dei documenti di cui al comma 5.
9.Sino alla definizione, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, lettera d), della legge regionale 2/2002, come sostituito dall'articolo 106, comma 13, della presente legge, dell'assetto organizzativo, continuano a operare, quali sedi operative territoriali di livello non direzionale della TurismoFVG, le strutture e gli IAT delle AIAT.
10.In relazione all'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 25 della legge regionale 2/2002, come modificato dall'articolo 106, comma 25, della presente legge, è demandata a successivi provvedimenti la definizione delle risorse materiali e umane da devolvere ai Comuni; nelle more di tale devoluzione, nei comuni in cui operano sedi e uffici AIAT, le attività di informazione e accoglienza turistica sono assicurate dalla TurismoFVG sulla base di convenzioni stipulate con i Comuni competenti.
11.In relazione al disposto di cui al comma 9 e in attesa dell'adozione, ai sensi dell'articolo 22, comma 3, legge regionale 2/2002, come sostituito dall'articolo 106, comma 21, della presente legge, dei provvedimenti di comando, il personale del ruolo unico regionale assegnato, alla data di entrata in vigore della presente legge, alle strutture e agli IAT delle AIAT continua a prestare servizio presso dette strutture.
12.La Regione, in conformità alle disposizioni della presente legge, adegua il proprio <<Regolamento di organizzazione dell'Amministrazione e degli enti regionali>>, approvato con decreto del Presidente della Regione 27 agosto 2004, n. 0277/Pres., pubblicato sul 1 supplemento straordinario n. 18 del 10 settembre 2004 al BUR n. 36 dell'8 settembre 2004, e successive modifiche.
13.Salvo quanto previsto dalla presente legge in tema di abrogazioni, tutti i riferimenti normativi alle AIAT devono intendersi operati, a partire dalla data di soppressione delle medesime, alla TurismoFVG.
14.I contributi ordinari e straordinari previsti nel bilancio regionale in favore delle AIAT sono confermati a favore della TurismoFVG che subentra nei mutui già attivati dalle AIAT per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali.
15.Alla TurismoFVG sono trasferiti i rapporti giuridici attivi e passivi afferenti alle funzioni già in capo all'Amministrazione regionale e riguardanti la promozione dell'immagine turistica regionale. A tal fine, l'Assessore regionale alle risorse economiche e finanziarie è autorizzato ad effettuare le conseguenti variazioni di bilancio istituendo, ove occorra, nuove unità previsionali di base e nuovi capitoli di spesa.
16.Agli oneri di cui al presente Titolo si fa fronte con le risorse determinate in sede di legge finanziaria per l'anno 2006. Gli oneri relativi alle spese per il primo impianto della TurismoFVG da sostenersi nel corrente esercizio finanziario, fanno carico all'unità previsionale di base 14.3.360.1.1300 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007 e del bilancio per l'anno 2005, con riferimento al capitolo 9188 del documento tecnico allegato ai bilanci medesimi e ai bilanci delle AIAT.
17.La disposizione di cui all'articolo 28, comma 2, lettera c), della legge regionale 2/2002, come modificato dall'articolo 106, comma 26, della presente legge, si applica solo alle domande di iscrizione presentate dopo l'entrata in vigore della presente legge.
Art. 108
 (Abrogazioni)
1.Sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) l'articolo 16 della legge regionale 2/2002;
b) il comma 2 dell'articolo 18 della legge regionale 2/2002;
c) l'articolo 19 della legge regionale 2/2002;
d) l'articolo 23 della legge regionale 2/2002;
e) il comma 2 dell'articolo 24 della legge regionale 2/2002;
f) il comma 3 dell'articolo 25 della legge regionale 2/2002;
g) l'articolo 86 della legge regionale 2/2002.

TITOLO IX
 DISPOSIZIONI PROCEDIMENTALI, TRANSITORIE E FINALI
CAPO I
 Disposizioni procedimentali, transitorie e finali
Art. 109
 (Denuncia di inizio attività e domanda di titoli autorizzativi)
1.La denuncia di inizio attività sostituisce l'autorizzazione amministrativa in tutte le fattispecie relative all'esercizio di vendita e di somministrazione di alimenti e bevande, quando il rilascio del titolo autorizzatorio si configuri quale atto dovuto non sussistendo limitazioni di alcun genere e non implicando la benché minima valutazione discrezionale da parte dell'amministrazione procedente. In tali casi spetta all'amministrazione competente, entro e non oltre sessanta giorni dalla denuncia, verificare d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e disporre, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all'interessato entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività e i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall'amministrazione stessa.
2.Sono elencate all'allegato E le attività alla cui domanda di svolgimento da parte del privato si applica il regime del silenzio assenso relativamente ai seguenti settori:
a) iscrizione agli appositi registri o albi presso le Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
b) commercio in sede fissa;
c) commercio sulle aree pubbliche;
d) commercio della stampa quotidiana e periodica;
e) somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.

Art. 110
 (Disposizioni transitorie)
1.Il titolare di più autorizzazioni di cui all'articolo 5, comma 1, lettere a), b) e d), della legge 287/1991 relative allo stesso esercizio ha diritto, sussistendone le condizioni, di attivare in altri locali o cedere, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, le aziende della medesima tipologia. Decorso inutilmente tale termine, le autorizzazioni riguardanti la medesima azienda si intendono riunite in un unico titolo e i Comuni provvedono ad aggiornare il provvedimento esistente.
2.Le prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1, in materia di aree da riservare a parcheggi in edifici preesistenti e già con destinazione d'uso commerciale alla data del 18 giugno 2003, così come definita agli articoli 73 e 74 della legge regionale 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale e urbanistica), e successive modifiche, non trovano applicazione. Qualora gli edifici, comunque preesistenti alla data del 18 giugno 2003, siano localizzati all'interno del centro storico, così come definito dagli strumenti urbanistici comunali, la destinazione d'uso commerciale può anche essere successiva a tale data.
3.Ai Comuni che hanno adottato i Piani di settore, prima dell'entrata in vigore della presente legge, è consentito apportare le necessarie modifiche affinché possano essere utilizzate le superfici di vendita degli esercizi compresi tra i metri quadrati 801 e i metri quadrati 1.500. Le superfici sono riconosciute in aggiunta al contingente disponibile calcolato secondo le modalità regolamentari della media distribuzione.
4.Nelle more del recepimento delle disposizioni della presente legge e della relativa normativa attuativa, le definizioni di cui all'articolo 2, qualora più favorevoli al richiedente, trovano immediata applicazione anche con riferimento ai criteri, ai Piani di settore o nelle varianti urbanistiche adottate o approvate dai Comuni.
5.Con l'entrata in vigore della presente legge, i Comuni possono concedere nuove autorizzazioni per esercizi di somministrazione ancora disponibili in base alla precedente normativa, attribuendo la tipologia unica prevista dalla presente legge.
6.I riferimenti normativi a tipologie di somministrazione di alimenti e bevande non previste dalla presente legge si applicano a quelle in tutto o in parte corrispondenti all'elenco di cui all'articolo 67, che le hanno in tutto o in parte sostituite.
7.Il Fondo di cui all'articolo 98 prosegue senza soluzione di continuità nell'attività del Fondo di cui all'articolo 106 (Istituzione del Fondo speciale di rotazione a favore delle imprese commerciali, turistiche e di servizio del Friuli-Venezia Giulia) della legge regionale 9 novembre 1998, n. 13.
8.Il Comitato di gestione costituito ai sensi dell'articolo 106 della legge regionale 13/1998 dura in carica fino alla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione del decreto di nomina del Comitato costituito con le modalità e nella composizione previste all'articolo 98, comma 6, e comunque entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
9.Ai procedimenti amministrativi in corso all'entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le norme previgenti.
10.I promotori dell'iniziativa commerciale devono ottenere il nulla osta di cui all'articolo 3 della legge regionale 7 settembre 1990, n. 41 (Piano regionale del Commercio e prescrizioni urbanistiche), e successive modifiche, o l'autorizzazione di cui all'articolo 8, comma 2, della legge regionale 19 aprile 1999, n. 8 (Normativa organica del commercio in sede fissa), e successive modifiche, entro il termine di sei anni a decorrere dalla data del rilascio dell'autorizzazione alla variante urbanistica per l'insediamento della zona Hc.
11.Le autorizzazioni commerciali relative a insediamenti di grande struttura con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000, previste da varianti HC autorizzate, adottate e approvate prima dell'entrata in vigore della presente legge, sono rilasciate nei limiti stabiliti dai Piani di settore comunali in conformità al Piano per la grande distribuzione. Tale disposizione si applica anche ai procedimenti di cui ai commi 9 e 10.
12.Nel primo anno di applicazione della presente legge la Conferenza dei Comuni di cui all'articolo 29, comma 3, è convocata con cadenza semestrale.
13.Ai procedimenti sanzionatori in corso all'entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti solo se più favorevoli al soggetto sanzionato.
14.Nei centri commerciali al dettaglio e nei complessi commerciali, autorizzati antecedentemente all'entrata in vigore della presente legge, è consentita la sostituzione di superfici originariamente destinate ad attività diverse dal commercio al dettaglio con corrispondenti superfici di vendita nel limite massimo di metri quadrati 1.500. L'autorizzazione è rilasciata dal Comune a condizione che non vi siano aumenti della volumetria edificata complessiva del centro o del complesso commerciale, e attingendo, nell'ambito della loro capienza, alle disponibilità previste dagli obiettivi di presenza e sviluppo per le grandi strutture di vendita con superficie coperta complessiva inferiore a metri quadrati 15.000 stabiliti nel Piano di settore del commercio del corrispondente Comune. Nei Comuni ricadenti nella fattispecie di cui all'articolo 10, comma 6, del decreto del Presidente della Regione 21 maggio 2003, n. 0138/Pres. (Regolamento di esecuzione degli articoli 7 e 8 della legge regionale 19 aprile 1999 n. 8, concernente la determinazione delle disposizioni relative alle medie e grandi strutture di vendita), pubblicato sul BUR n. 25 del 18 giugno 2003, le superfici eventualmente convertite per il commercio al dettaglio vanno scomputate dalla disponibilità del 30 per cento di incremento previsto per le grandi strutture di vendita esistenti.
15.Nella fase transitoria intercorrente dall'entrata in vigore della presente legge e fino all'adeguamento del regolamento di cui all'articolo 15, comma 3, nel caso di rilascio di autorizzazione preventiva per variante di zona urbanistica Hc, intervenuto anteriormente all'entrata in vigore del decreto del Presidente della Regione n. 0138/Pres., del 2003, le superfici incrementali totali per l'insediamento e l'ampliamento di grandi strutture di vendita, individuate dal Piano per la grande distribuzione approvato con deliberazione della Giunta regionale 15 aprile 2005, n. 781, possono essere ulteriormente incrementate dai Comuni nella predisposizione del Piano comunale di settore, attingendo, esclusivamente nell'ambito della loro capienza, alle disponibilità previste dagli obiettivi di presenza e sviluppo per le grandi strutture di vendita con superficie coperta complessiva inferiore a metri quadrati 15.000 stabiliti nel Piano di settore del commercio del corrispondente Comune. Le superfici incrementabili con tale attingimento non possono comunque eccedere i limiti indicati dall'autorizzazione preventiva urbanistica stessa.
16.Nel caso di rilascio di autorizzazione preventiva per variante di zona urbanistica Hc intervenuto successivamente all'entrata in vigore del decreto del Presidente della Regione n. 0138/Pres., del 2003, anteriormente all'entrata in vigore della legge regionale 12 novembre 2004, n. 27 (Modifiche alla legge regionale 8/1999 concernenti il Piano per la grande distribuzione), e in concomitanza con il caso in cui le superfici incrementali di sviluppo previste dal Piano per la grande distribuzione approvato con deliberazione della Giunta regionale 781/2005 risultino, per settore merceologico, di consistenza maggiore della disponibilità teorica massima ottenibile con l'applicazione delle metodologie di calcolo di cui all'Allegato A2 e, pertanto, non risultino attingibili disponibilità di superfici di vendita dal Piano comunale di settore, le modalità dell'ampliamento di cui all'articolo 10, comma 9, del decreto del Presidente della Regione 0138/Pres., come modificato dal decreto del Presidente della Regione 10 maggio 2005, n. 0140/Pres., saranno determinate dal regolamento di cui all'articolo 15, comma 3, della presente legge.
17.Fino all'approvazione dei regolamenti e dei Piani previsti dalla presente legge, continuano ad applicarsi gli atti in vigore.
18.Fino all'approvazione dei regolamenti e dei Piani previsti dalla presente legge, continua ad applicarsi la disciplina contenuta negli articoli 2 e 6 della legge regionale 26 agosto 1996, n. 36 (Finanziamenti per agevolare l'accesso al credito di imprese commerciali e del terziario, rapporti convenzionali con le banche, modificazioni a leggi agevolative nel settore del commercio, soppressione del Capo I della legge regionale 24 maggio 1988, n. 36).
19.Fino all'approvazione dei soli regolamenti di esecuzione di cui agli articoli 95, comma 3, e 96, comma 3, continua ad applicarsi la disciplina contenuta nella legge regionale 36/1996.
20.La gestione delle disponibilità finanziarie erogate al Mediocredito del Friuli Venezia Giulia SpA ai sensi degli articoli 95 e 96 prosegue senza soluzione di continuità rispettivamente nelle gestioni di cui agli articoli 2 e 6 della legge regionale 36/1996.
21.Al fine di consentire all'Amministrazione regionale di provvedere al riordino della normativa di settore, le concessioni dei beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative, in essere alla data di entrata in vigore della presente legge e in scadenza entro il 31 dicembre 2006, indipendentemente dalla natura, dalla destinazione d'uso o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento dell'attività, sono da considerarsi prorogate di ventiquattro mesi.
22.Per le aree in concessione di cui al comma 21 sono sospese le procedure per il rilascio di nuove concessioni e continuano ad applicarsi le disposizioni di legge che disciplinano le cause di decadenza e di revoca delle concessioni in essere.
Art. 111
 (Modificazioni alla legge regionale 3/2001)
1.Al comma 2 dell'articolo 1 della legge regionale 12 febbraio 2001, n. 3 (Disposizioni in materia di sportello unico per le attività produttive e semplificazione di procedimenti amministrativi e del corpo legislativo regionale), la parola <<, commerciali>> è soppressa.
2.
Dopo il comma 2 dell'articolo 1 della legge regionale 3/2001 è aggiunto il seguente:
<<2 bis.È facoltà dei Comuni assoggettare alle disposizioni della presente legge i procedimenti in materia di attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande. >>.

Art. 112
1.
Il comma 1 bis dell'articolo 71 della legge regionale 31 maggio 2002, n. 14 (Disciplina organica dei lavori pubblici), è sostituito dal seguente:
<<1 bis.I progetti di opere pubbliche e quelli dichiarati di pubblica utilità devono prevedere, ove possibile, sistemi che consentono l'autonoma mobilità delle persone videolese.>>.

2.I commi 1 ter e 1 quater dell'articolo 71 della legge regionale 14/2002, come aggiunti dall'articolo 3, comma 5, della legge regionale 15/2004, sono abrogati.
3.Le disposizioni di cui all'articolo 71 della legge regionale 14/2002, come modificato dai commi 1 e 2, trovano applicazione ai procedimenti in corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge.
Art. 113
 (Abrogazioni)
1.Sono abrogate, in particolare:
a) la legge regionale 18 febbraio 1983, n. 17 (Disciplina della vendita di giornali e riviste e provvidenze per incrementare la diffusione della stampa);
b) la legge regionale 27 marzo 1992, n. 13 (Norme per la prima applicazione della legge 25 agosto 1991, n. 287, recante <<Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi>>, nel territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia);
c) gli articoli 2 e 6 della legge regionale 26 agosto 1996, n. 36 (Finanziamenti per agevolare l'accesso al credito di imprese commerciali e del terziario, rapporti convenzionali con le banche, modificazioni a leggi agevolative nel settore del commercio, soppressione del Capo I della legge regionale 24 maggio 1988, n. 36);
d) la legge regionale 8 agosto 1997, n. 27 (Norme in materia di procedimento amministrativo nei settori delle attività commerciali e della somministrazione di alimenti e bevande nonché modifiche alla legge regionale 34/1995);
e) il comma 17 dell'articolo 20 della legge regionale 12 febbraio 1998, n. 3 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale e annuale della Regione);
f) l'articolo 106 e i commi 1 e 6 dell'articolo 108 della legge regionale 9 novembre 1998, n. 13 (Disposizioni in materia di ambiente, territorio, attività economiche e produttive, sanità e assistenza sociale, istruzione e cultura, pubblico impiego, patrimonio immobiliare pubblico, società finanziarie regionali, interventi a supporto dell'Iniziativa Centro Europea, trattamento dei dati personali e ricostruzione delle zone terremotate);
g) i commi 40 e 41 dell'articolo 8 della legge regionale 15 febbraio 1999, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale e annuale della Regione);
h) la legge regionale 19 aprile 1999, n. 8 (Normativa organica del commercio in sede fissa), ad esclusione dell'articolo 39;
i) la legge regionale 4 giugno 1999, n. 14 (Disciplina del commercio su aree pubbliche);
j) i commi 28 e 31 dell'articolo 16 della legge regionale 13 settembre 1999, n. 25 (Assestamento del bilancio 1999 e del bilancio pluriennale 1999-2001 ai sensi dell'articolo 10 della legge regionale 20 gennaio 1982, n. 10);
k) gli articoli 49 e 50 della legge regionale 15 febbraio 2000, n. 1 (Disposizioni in materia di personale regionale e di organizzazione degli uffici regionali, di lavori pubblici, urbanistica, edilizia residenziale pubblica e risorse idriche, di previdenza, di finanza e di contabilità regionale, di diritto allo studio, di pari opportunità tra uomo e donna, di agricoltura, di commercio, di ricostruzione, di sanità, di disciplina delle nomine di competenza regionale in Enti e Istituti pubblici e di riduzione del prezzo alla pompa delle benzine nel territorio regionale);
l) l'articolo 72 della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso);
m) i commi da 15 a 49, e i commi 51, 53 e 59 dell'articolo 13 della legge regionale 3 luglio 2000, n. 13 (Disposizioni collegate alla Legge finanziaria 2000);
n) i commi da 58 a 68 dell'articolo 7 della legge regionale 26 febbraio 2001, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale e annuale della Regione. <<Legge finanziaria 2001>>);
o) il comma 11 dell'articolo 10 della legge regionale 9 marzo 2001, n. 8 (Disposizioni urgenti in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 e altre disposizioni in materia di sanità e politiche sociali);
p) i commi 2 e 4 dell'articolo 158 della legge regionale 16 gennaio 2002, n. 2 (Disciplina organica del turismo);
q) i commi 57 e 74 dell'articolo 8 della legge regionale 25 gennaio 2002, n. 3 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale e annuale della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia. Legge finanziaria 2002);
r) i commi da 7 a 22, 25 e da 27 a 40 dell'articolo 8 della legge regionale 15 maggio 2002, n. 13 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2002);
s) il comma 6 dell'articolo 6 della legge regionale 23 agosto 2002, n. 23 (Assestamento del bilancio 2002 e del bilancio pluriennale 2002-2004 ai sensi dell'articolo 18 della legge regionale 16 aprile 1999, n. 7);
t) i commi 68 e 69 dell'articolo 7 della legge regionale 29 gennaio 2003, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale e annuale della Regione. <<Legge finanziaria 2003>>);
u) i commi da 1 a 7 dell'articolo 23 della legge regionale 30 aprile 2003, n. 12 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2003);
v) gli articoli da 24 a 29, il comma 1 dell'articolo 30, gli articoli da 31 a 45 e l'articolo 47 della legge regionale 5 dicembre 2003, n. 18 (Interventi urgenti nei settori dell'industria, dell'artigianato, della cooperazione, del commercio e del turismo, in materia di sicurezza sul lavoro, asili nido nei luoghi di lavoro, nonché a favore delle imprese danneggiate da eventi calamitosi);
w) gli articoli da 37 a 41 della legge regionale 4 giugno 2004, n. 18 (Riordinamento normativo dell'anno 2004 per il settore delle attività economiche e produttive);
x) la legge regionale 5 agosto 2004, n. 22 (Tutela e valorizzazione dei locali storici);
y) la legge regionale 12 novembre 2004, n. 27 (Modifiche alla legge regionale 8/1999 concernenti il Piano per la grande distribuzione);
z) la legge regionale 29 aprile 2005, n. 10 (Modifiche all'articolo 4 della legge regionale 5 agosto 2004, n. 22 <<Tutela e valorizzazione dei locali storici>>).

Art. 114
 (Disposizioni finanziarie)
1.Gli eventuali oneri derivanti dal disposto di cui all'articolo 84, comma 3, fanno carico - a decorrere dall'anno 2006 - all'unità previsionale di base 52.2.360.1.476 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento al capitolo 9810 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo.
2.Gli oneri derivanti dal disposto di cui all'articolo 84, comma 5, fanno carico - a decorrere dall'anno 2006 - all'unità previsionale di base 14.3.360.1.1300 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento al capitolo 9188 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo.
3.Gli oneri derivanti dal disposto di cui all'articolo 85, comma 2, fanno carico - a decorrere dall'anno 2006 - all'unità previsionale di base 14.2.360.1.1918 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento al capitolo 9139 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo.
4.Gli oneri derivanti dal disposto di cui all'articolo 89, comma 2, fanno carico - a decorrere dall'anno 2006 - all'unità previsionale di base 14.2.360.2.1100 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento al capitolo 3010 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo.
5.Gli oneri derivanti dal disposto di cui all'articolo 91, comma 1, fanno carico - a decorrere dall'anno 2006 - all'unità previsionale di base 14.3.360.2.1302 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento al capitolo 9249 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo.
6.Gli oneri derivanti dal disposto di cui all'articolo 92, comma 1, fanno carico - a decorrere dall'anno 2006 - all'unità previsionale di base 14.2.360.1.1918 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento al capitolo 3011 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo.
7.In relazione al disposto di cui all'articolo 110, commi 19 e 20, gli oneri derivanti dal disposto di cui agli articoli 95, comma 1, e 96, comma 1, continuano a far carico - a decorrere dall'anno 2006 - all'unità previsionale di base 14.5.360.2.1308 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento ai capitoli 9321 e 9322 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo.
8.Gli oneri derivanti dal disposto di cui all'articolo 98, comma 2, lettere a) e b), in relazione al disposto di cui al comma 1 del medesimo articolo 98, fanno carico - a decorrere dall'anno 2006 - all'unità previsionale di base 14.5.360.2.584 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento al capitolo 9311 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo.
9.Gli oneri derivanti dal disposto di cui all'articolo 99, comma 1, fanno carico - a decorrere dall'anno 2006 - all'unità previsionale di base 14.2.360.2.487 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento al capitolo 9132 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo.
10.Gli oneri derivanti dal combinato disposto di cui agli articoli 100, comma 1, e 101, comma 1, fanno carico - a decorrere dall'anno 2006 - all'unità previsionale di base 14.2.360.2.1100 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento al capitolo 9146 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo.
11.Gli oneri derivanti dal disposto di cui all'articolo 103, comma 1, fanno carico - a decorrere dall'anno 2006 - all'unità previsionale di base 14.1.360.2.480 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento ai capitoli 9094, 9098, 9099, 9102, 9104, 9105, 9112 e 9116 del documento tecnico allegato al bilancio medesimo.
12.In relazione al disposto di cui all'articolo 106, comma 8 - a decorrere dall'anno 2006 - gli oneri derivanti dall'articolo 7, comma 3, della legge regionale 2/2002, continuano a far carico all'unità previsionale di base 14.3.360.2.1302 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento al capitolo 9257 del documento tecnico allegato ai bilanci medesimi, la cui denominazione è modificata con la soppressione delle parole <<a Consorzi turistici e>> e con l'inserimento delle parole <<alle stesse società d'area>> dopo la parola <<nonché>>.
13.Gli oneri derivanti dall'articolo 7, comma 4, della legge regionale 2/2002, come sostituito dall'articolo 106, comma 8 - a decorrere dall'anno 2006 - continuano a far carico all'unità previsionale di base 14.3.360.2.1302 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2005-2007, con riferimento al capitolo 9256 del documento tecnico allegato ai bilanci medesimi, la cui denominazione è modificata in <<Spese per la partecipazione ai Consorzi turistici anche tramite l'Agenzia per lo sviluppo del turismo denominata 'Turismo Friuli Venezia Giulia' (TurismoFVG)>>.
Art. 115
 (Entrata in vigore)
1.La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione e ha effetto dall'1 gennaio 2006 salvo quanto previsto dal comma 2.
2.Le disposizioni di cui agli articoli 106, commi dall'1 al 26 e dal 38 al 41, 107, 108, 110 e 112, comma 3, hanno effetto dal giorno dell'entrata in vigore della presente legge.